Un nuovo disco, con la collaborazione di Mike Patton e Buzz Osbourne dei Melvins. Un live intenso che ha fatto seriamente tremare le pareti del Circolo degli Artisti. Ecco gli Zu, nel 2009. Abbiamo colto l’occasione per scambiare due chiacchiere con Luca T. Mai, sassofonista del trio romano. Una discussione che va dalla lavorazione di “Carboniferous” alle influenze della band, passando per la compilation “Il Paese è Reale”.
Carboniferous sembra riflettere più la vostra anima live rispetto ai precedenti dischi, confermi?
Luca (Zu): Si confermo, grazie soprattutto alla collaborazione con Giulio Favero (già produttore dei Teatro Degli Orrori) siamo riusciti a dare una forma ed uno spessore ai pezzi che già da tempo portavamo nei live. Generalmente le cose che abbiamo fatto prima di “Carboniferus” erano per cosi dire ‘cotte e mangiate’ ci capitava di suonare in sala, improvvisando magari con il musicista di turno come ad esempio Eugene Chadbourne, Dalek ect… ed il disco di conseguenza usciva fuori proprio da quelle jam-session; mentre quest’ultimo è molto più deciso e soppesato ma allo stesso tempo frutto degli innumerevoli live che abbiamo fatto da un anno, un anno e mezzo a questa parte.
Citavi prima due prestigiose collaborazioni che avete aggiunto alla vostra ‘collezione’ Chadbourne e Dalek, che tipo di approccio utilizzate nel momento della registrazione con gente che proviene da percorsi musicali molto diversi dal vostro?
Con Chadbourne è stato facilie, lui è un grande (ride). Con Dalek invece, la cosa si è sviluppata man mano che provavamo in sala, facevamo session di 6/7 ore e da li è iniziato un tira e molla tra noi e loro cioè ognuno portava qualche idea e quando tutti eravamo d’accordo allora iniziavamo a lavorarci seriamente.
Alla fine quanto è durata la collaborazione con Dalek e soprattutto come vi siete messi in contatto, voglio dire i Zu ed una band hip-hop cosa hanno in comune?
Veramente va ancora avanti, a settembre faremo un tour in Giappone insieme a loro.
Tutto è nato quando ascoltammo il loro primo disco a casa di un promoter austriaco e poi, essendoci piaciuto, ci siamo messi in contatto tramite mail e gli abbiamo organizzato delle date qui in Italia, successivamente abbiamo suonato anche insieme e da li è nata un’amicizia. Abbiamo visto che gli intenti erano gli stessi, due modi differenti di fare musica ma stessa attitudine.
Com’è stato,invece, lavorare con Mike Patton e King Buzzo in studio per l’ultimo disco?
Un bel lavoro,soprattutto con Mike Patton eravamo già reduci da vari live fatti insieme come Zu/Patton Quartet, ormai c’è molta confidenza tra noi quindi la collaborazione è nata abbastanza naturalmente.
Il pezzo in particolare in cui canta Mike è nato da una sua idea, e’ stata costruita secondo il suo gusto e noi gli abbiamo dato carta bianca.
Torniamo un po’ in dietro nel tempo.Ho letto che il vostro primo disco l’avete registrato a Livorno, in uno studio che cura prettamente jazz e classica.
Si è stata una dritta di Roy Paci.
Perchè la volontà di ricercare uno studio di registrazione cosi specializzato?
Quanto, a tal proposito, le composizioni dei Zu possono essere paragonabili a sonorità più sinfoniche?
Secondo me questo dipende più che altro dalla percezione che l’ascoltatore ha della nostra musica, dal proprio background, magari tu ci senti sonorità classico-sinfoniche, altri più metal-prog.
La musica degli Zu, ha diverse matrici musicali, ognuno di noi tre ha il proprio vissuto personale, per quanto mi riguarda sul versante metal, Meshuggah, Napal Death e Carcass sono stati fondamentali così come considero dei maestri Coltrane, Dolphy e tutta la scena free jazz compreso Albert Ayler, senza dimenticare la produzione anni 70 di Sun Ra, per me certamente imprescindibile.
State ultimamente lavorando al rifacimento delle composizioni del celebre autore di colonne sonore cinemetografiche e compositore Bernard Hermann, che mi dici a tal proposito?
Questo progetto è ancora embrionale, sicuramente però posso dirti che un compositore così è titanico da affrontare ma è anche una bella sfida.
In che modo state cercando di riproporre i pezzi di Hermann in chiave Zu?
Abbiamo fatto la prima registrazione per intuire che direzione dargli e abbiamo capito che c’è molto da lavorare, si potrebbe rischiare di fare qualcosa che suona troppo ‘rock sinfonico’ oppure una macchietta, quindi per ora posso dirti che stiamo cercando di oltrepassare questo limite.
Abbiamo comunque capito che la prima via è quella di leggere lo spartito e riproporre il tema quasi fedelmente, anche se non è facile riproporre un qualcosa, come appunto le composizioni di Hermann, così fortemente legate alle pellicole cinematografiche quindi alle immagini, penso a “Taxi Driver” oppure “Psyco” per citare forse i suoi lavori più famosi.
Una domanda un po’ più tecnica, siete tutti e tre autodidatta?
Si più o meno siamo cresciuti comunque in sala prove, da parte mia c’è stato, per forza di cose, visto che si parla di sassofono, un primo approccio più accademico. Ho passato negli anni diversi maestri, posso dirti, così a titolo di cronaca, che il mio primissimo insegnante di sax mi fece addirittura smettere di suonare (ride), poi comunque ho trovato altri insegnanti che mi hanno indirizzato meglio.
Quindi non proprio autodidatta.
Per il sax come ti dicevo almeno all’inizio è abbastanza indispensabile prendere delle lezioni, personalmente ho iniziato a 22 anni, mentre gli altri due sono completamente autodidatta. Talenti naturali (ride).
Torniamo a parlare dell’ultimo disco “Carboniferous”, ho notato che al suo interno la componente jazz-core, che negli altri lavori era predominante, ora invece lascia il passo a sonorità più math-rock stile Melvins o Shellac, confermi?
Si è vero, personalmente ho fatto un lavoro di sottrazione. Prima ero più alla ricerca di temi, in questo disco invece ho e abbiamo cercato di incastrarci al millimetro. Sono sempre stato affascinato dal ritmo, secondo me la melodia è una componente secondaria, per quanto mi riguarda nella musica è più importante cavalcare il ritmo.
Ok Luca grazie di tutto, l’ultimissima domanda riguarda l’uscita de “Il Paese è Reale” compilation tutta italiana dove è presente oltre al pezzo che gli Afterhours hanno portato a San Remo, anche un vostro brano, come è nata la cosa?
In verità la cosa è nata del tutto spontanea, ossia ci hanno chiesto un nostro brano e noi abbiamo accettato, è un pezzo contenuto in “Carboniferous” (“Soulympics”), assolutamente non edulcorato per venire in contro ad esigenze di mercato. Questo è quanto.
Grazie a te.
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