Joe Barbieri viene scoperto, nei primi anni ’90, da Pino Daniele che inizia a produrre, per ben sei anni, due lavori (“Gli Amori Della Vita Mia” nel 1993 e “Virus” nel 1998).
Dopodichè, dopo una partecipazione al Festival di Sanremo con il brano “Non Ci Piove” nel 2000, Joe Barbieri fonda nel 2003 la casa discografica “Microcosmo Dischi” pubblicando “Fuori Catalogo” in cui esegue sue canzoni solo con l’ausilio della chitarra.
Ma il vero salto di qualità avviene nel 2004 con il disco “In Parole Povere” in cui si combinano jazz, musica cantautoriale e bossa nova.
Il 16 gennaio del 2009 esce “Maison Maravilha” che si può considerare il suo capolavoro contenente undici tracce affascinanti e disarmanti.
Abbiamo incontrato Joe Barbieri al termine del concerto tenuto presso il Rising South di Napoli e gli abbiamo rivolto alcune domande :
Dalla canzone “Non Ci Piove”, presentata al Festival di Sanremo nel 2000, fino ad oggi cos’è cambiato, cosa ti ha spinto a fare un album così particolare, anche nella cura degli arrangiamenti?
Abbracciare l’indipendenza. è un po’ come quando per tutta la vita vivi in famiglia e poi vai a vivere da solo. Ti devi fare carico di aspetti favorevoli e ‘sfavorevoli’. Insomma questo disco è nato, come anche “In Parole Povere”, per guardarsi dentro e capire esattamente cosa avevo voglia di fare senza avere più alle spalle persone di grande carisma a proteggermi. “Essere indipendenti” ti dà la possibilità di scavarti dentro.
In te c’è un substrato culturale molto forte, si avverte che sei onnivoro, e, in questo tuo percorso, cosa ti ha spinto ad avvicinarti all’universo della MPB (“Musica Popular Brasileira”, ndr.)?
Non c’è mai stato un evento scatenante durante il percorso, la MPB è un mondo nel quale convivono benissimo armonia, melodia e ritmo, tre elementi della musica che si legano nella maniera più alta senza che uno dei tre sia sacrificato a favore degli altri.
Anche nei tuoi testi, pur non essendoci “l’amore, il sorriso e il fiore” tipico dei testi della bossa nova, c’è un comune sentire con i bossanovisti, l’amore visto ai giorni d’oggi con lo sguardo nostalgico rivolto al passato.
Secondo te, oggi, quanto è rivoluzionario fare una canzone d’amore?
è rivoluzionario fare canzoni che ti mettano nella condizione di poter muovere le tue convinzioni e, ovviamente, l’amore è un qualcosa che tocca in maniera diversa un po’ tutti per cui si può partire da questo per arrivare a dire anche tutt’altro.
Una volta Francesco De Gregori, rispondendo ad una domanda di un giornalista, dichiarò che la sua canzone più politica è “Buonanotte fiorellino”, anche se il testo parla di tutt’altro.
Ora, venendo a noi, è vero che tu non tratti di politica ma se volessimo riprendere quest’affermazione, si potrebbe dire ugualmente che c’è tanta politica nelle tue canzoni, nel raccontare situazioni semplici e quotidiane?
Sì, volendo, sì. D’altronde, le prime espressioni di politica le riscontriamo nei rapporti sociali, anche tra due persone.
C’è un detto che dice che la politica non è tutto ma tutto è politica.