“Living Thing” non è “Writer’s Block”, album che contiene la suonatissima “Young Folks”, ma è un disco synth-pop. Non so nemmeno se l’espressione è appropriata ma se proprio volete un metro di paragone, assomiglia molto a certi lavori dei Cabaret Voltaire.
A differenza di “Writer’s Block”, le chitarre e i bassi sono quasi scomparsi e, al loro posto, la voce viene accompagnata da beat elettronici, tastiere e suoni sintetizzati.
“Living Thing” è la new wave, la nouvelle vague, del trio svedese che mira evidentemente al mercato internazionale puntando su una linea melodica anni ’80 innovandola con le sonorità indie del momento.
Inizio subito a dire che “Blue Period Picasso” è un brano fenomenale e fondamentale che racchiude tutto lo spirito del lavoro, coinvolgente e danzereccio, che catalizza subito l’attenzione dell’ascoltatore dal primo ascolto e deve molto ai primi Depeche Mode.
“The Feeling” è l’inizio pulsante di “Living Thing”, pezzo per voce, cori, battiti di mano e bonghi africani.
Brillante, suggestivo, trainante, “Living Thing” si fa ascoltare ripetutamente rimandando ogni volta ad uno stile, ad una suggestione diversa. “Stay This Way”, ad esempio, è una bellissima ballata pop anni ’50 che, nonostante tutto, si combina benissimo con il resto del lavoro mentre “I Want You!” non avrebbe assolutamente sfigurato in uno dei primi album degli U2.
Insomma “Living Thing” riserva tante sorprese ma sono convinto che molti lo classificheranno come un normale disco da dancefloor.
Invece è un disco piacevole da ascoltare, non eccessivo, che sfrutta sapientemente il linguaggio musicale degli anni ’80 arricchendolo di nuovi vocaboli e intuizioni che non sembrano mai scontati ma che dimostrano, invece, la spiccata creatività di un trio che non va assolutamente sottovalutato.