La sentenza inequivocabile è la seguente: poche band oggi suonano come i Lemonade, e pochi dischi suonano come il loro omonimo album di debutto. “Lemonade” è il disco che i Liars non hanno mai saputo fare perchè quasi totalmente privi di un solido background dance, ovvero è il disco che i Public Image Ltd. avrebbero saputo fare se solo John Lydon avesse deciso di marcire per davvero su una spiaggia di Ibiza nella Summer Of Love, 1988 circa.
E dunque, Madchester che incontra la techno che incontra il rai e la musica araba: un culture clash per nulla banale. Non ci si capisce più nulla ma ciò che ne viene fuori è davvero una bomba: un martellone potenzialmente in grado di infiammare ogni dancefloor servendosi di campanacci, basso groovy, synth impazziti, voci passate attraverso un plotone di effetti e cassa drittissima (“Big Weekend”) accostato a quarantacinque secondi che sembrano usciti da “74:14” dei Global Communication e che si trasformano repentinamente in una litania che ti entra nel cervello per non ne uscirne più (“Unreal”), un carico di ecstasy in viaggio nel deserto (“Nasifon”) assalito dagli Happy Mondays (“Real Slime”) che come ai bei tempi riprendono ad abusare di brutto e tirano fuori dal cilindro una cavalcata psichedelica da far impallidire gli ormai bolliti Chemical Brothers (“Blissout”).
La proposta musicale dei Lemonade è molto complessa, a modo suo sperimentale ma dotata di una personale vena pop in grado di poterle garantire pari dignità sia come sottofondo per una prestigiosa sfilata di moda che come ascolto in cuffia per il più incallito dei nerd. Se i tre ragazzi di Brooklyn sapranno combinare ulteriormente tutti gli elementi che caratterizzano la loro musica sentiremo molto parlare di loro in futuro, ne sono convinto.
- MySpace
- BUY HERE
2. Unreal
3. Nasifon
4. Realslime
5. Sunchips
6. Blissout