Tra i tanti valori che hanno reso i Roots un grande gruppo (e non solo nella storia dell’hip-hop) vi è anche la peculiarità di aver ospitato in organico due dei migliori human-beatbox di tutto il panorama americano ed internazionale. Se riguardo Razhel è inutile spendere parole in quanto le collaborazioni con artisti del calibro di Bjork e Mike Patton parlano da sole (in “Medulla” buona parte delle parti ritmiche erano create da questo imponente afroamericano, e se volete approfondire non perdetevi il buon disco solista uscito nel ’99 dal titolo “Make The Music 2000”), è rimasto invece meno famoso al grande pubblico Scratch.
Già il nome è indicativo: infatti il nostro è bravo soprattutto nel ricreare con guance e gola la tipica tecnica dei dj hip-hop (tecnica che col passare degli anni è divenuta quasi stereotipo di tutto un certo tipo di suono) con cui condivide il nickname. Non è neanche un cattivo mc, ma lascia la maggioranze delle parti vocali ad ospiti più o meno famosi (si passa da Damon Albarn a Kanye West senza continuità ): sorge però un problema perchè ormai, come pare essere regola per i promo hip-hop, la copia per la stampa è monca, su quattordici tracce solo le prime sei (inclusa l’intro) sono complete, mentre delle altre ci è concesso ascoltare solo pochi secondi. Mi chiedo come ragioni chi opta per tali scelte? A rimetterci è soltanto la casa discografica, perchè per quanto un album possa essere buono è soltanto un’impressione parziale ed io (e penso pure chi si trova nelle stesse condizioni) non mi sento nè di consigliarlo nè di sconsigliarlo.
Facciamo due conti: dei sei pezzi che ci vengono concessi l’Intro è sicuramente affascinante ed il pezzo con Kanye è proprio bello (non lontano dalle penultime cose dello straglamourus produttore e rapper), il resto si barcamena con efficacia tra lo stile dei Roots, certi lavori solisti targati Wu-Tang ed i beats sghembi e futuristici dei Neptunes quando spaccavano, senza però picchi, anche se bisogna ammettere che il lavoro sui ritmi del titolare dell’album è sempre eccellente. Quello che davvero dispiace è non poter sentire interamente il brano con Damon Albarn e Talib Kweli che in quei pochi secondi di anteprima sembra ottimo. Non è l’unico che si vorrebbe approfondire. Quindi, per riassumere, tre stelle con ampio margine per il disco e una stella per chi ne ha curato la promozione.