è dura da ammettere: non sono più abituato ad andare ai concerti da cui poi torni a casa con le orecchie che ti fischiano. Certi la chiamano ‘senilità precoce’, io la chiamo ‘maturità ‘, caratteristica che ti porta ad avvicinarti alla musica più fighetta e a disertare i concerti di musica maschia e rude. Si nasce, si cresce, si cambia: è il normale corso della vita di un uomo (per la cronaca ci sarebbe da dire anche che non sono più abituato nemmeno ai concerti in cui la gente poga tenendo la sigaretta ad altezza d’uomo, ma questo è un altro discorso che non sto ad approfondire in questa sede).
Eppure ho apprezzato tantissimo gli …And You Will Know Us by the Trail of Dead, scesi all’Estragon per deliziare i presenti con una performance difficilmente dimenticabile, in cui hanno dato tutto ciò che si poteva dare e molto di più. Anzi, più che apprezzati tantissimo direi che sono impazzito per il muro sonoro che sono riusciti a mettere in piedi, per la carica distruttiva insita in ogni singola nota da loro suonata, per il sudore versato e per l’impegno profuso lungo l’arco di tutta l’esibizione, per la presenza scenica e soprattutto la pettinatura di Conrad Keely, un clamoroso caschetto beatlesiano sempre perfetto nonostante il sudore. I Trail of Dead sono una band immensa, che ha fatto la gavetta ed è arrivata (relativamente) in alto, ma che meriterebbe ben più considerazione da parte di certa critica musicale pronta ad impazzire per i Bloc Party ed altra fuffa da un album e via.
Solo che i Trail of Dead non finiranno mai in copertina su NME et similia, perchè non sono abbastanza cool ma anche perchè un live set come quello proposto a Bologna potrebbe spaventare parecchio i brufolosi lettori di tali riviste specializzate. Una partenza epica con il trittico “Giants Causeway”/”Far Pavillion”/”Isis Unveiled” (dall’ultimo, fantastico “The Century of Self” ““ roba da restarci secchi) e poi un tour de force che ha toccato tutti i dischi del gruppo texano e che ha avuto i suoi picchi in una dilatatissima e toccante versione di “Clair de Lune”, in una “Homage” che non ha fatto prigionieri nonostante i problemi ai microfoni, nel singalong generale su “Another Morning Stoner” ma soprattutto nel bis da lacrime agli occhi “Mistakes & Regrets/Perfect Teenhood”, per ricordare che nonostante siano ormai passati dieci anni dal loro debut album “Madonna” l’attitudine e la voglia di suonare senza compromessi sono rimaste le stesse.
In definitiva, i Trail of Dead sono una band da portare ad esempio per le giovani generazioni anche solo per il fatto che alla fine di tutto sono rimasti sul palco ad aiutare i roadies a smontare la strumentazione, dispensando sorrisi e mostrandosi umili e disponibili verso i loro fans. Era da tanto che non vedevo un gruppo comportarsi così, ed il ritorno a casa è stato il più piacevole possibile.
Anche se mi fischiavano ancora le orecchie.