Quanto dura oggettivamente un album?
E soprattutto, quanto dura oggi un album che si infila nell’esautorato filone del mod-punk rivisitato ?
E se non fai parte della prima ondata della sbornia indie britannica , ma sei solo un gregario, e arrivi dopo centinaia di gruppi “‘The qualsiasi-cosa’ e non hai dalla tua parte neanche il fatto di venire da un posto figo dell’Europa del Nord o dell’Est; se sei al centro di quella scena ma non c’è più spazio sotto il riflettore, allora, quando dura il tuo album?
Quanto resisti sulle scrivanie e o dentro i player prima di essere inequivocabilmente messo da parte?
Dura poco “The Great Escape”, che ha persino l’onere di essere la seconda prova di questo quartetto East London, alla faccia del benestare del padrino Paul Weller e il sold out alla Brixton Academy ( tempi duri per la musica UK)”…e passino i The Rifles, che non è neanche colpa loro, ma arrivano dopo troppi anni di cose uguali e portano il fardello di una musica stanca, a cui non hanno la forza di opporsi o il talento per reinventare.
Se gli concedi il tempo che merita “The Great Escape” riesce anche a divertirti.
Buona la title-track, “Fall To Sorrow” riluce di classe albionica e tanta di sfangarla con il song-writing, il vago citazionismo incosciente di “Romeo e Julie” si traduce in un pezzo che nonostante la mancanza di originalità ti riporta indietro di almeno un decennio. Che dire, ben venga in mancanza d’altro.
“The Great Escape” è un cd fatto di tante piccole cose, alcune buone e altre meno, ci sono dei ritornelli facili da canticchiare, e forse basta così, ai tempi dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità settimanale.
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2. The Great Escape
3. Fall To Sorrow
4. Sometimes
5. Toe Rag
6. History
7. Winter Calls
8. Out in the Past
9. Romeo & Julie
10. The General
11. For the Meantime