Nomini i Black Dice e inevitabilmente devi pensare al rumore. Come a far parte di una setta, questo quartetto di Providence è uno di quei pochi progetti musicali decenti, che insieme a nomi come Wolf Eyes, Sightings, Prurient e altri a contarli sulle dita della mano, cercano ormai da anni di rendere musica quella che in teoria (e anche in pratica secondo alcuni) non dovrebbe esserlo. Certo che a sentire Nate Young (Wolf Eyes) e soci urlare violentemente e produrre esplosioni sonore sembra davvero di sentire un gruppo di satanici in preda a rituali sanguinosi. I Black Dice invece, nel tempo si sono ammorbiditi, son diventati schizzinosi, c’è chi dice maturati.
Questo “Repo” sembrano le registrazioni di uno scienziato da laboratorio, un ricercatore di suoni, inanimato, impersonale, passivo. Non voglio dire che questo lavoro sia solo un accozzaglia di suoni, senza senso, senza stile, senza anima. Non parliamo certo delle catture acusmatiche di William Basinski. Certo che la ricerca sonora, rumoristica, sembra però sotterrare il resto, ne spinge la testa sotto.
E si parla sempre di quel mix tra digitale, giocattoli, looping e chitarre usate al contrario.
Quasi danzabili oggi, più eterei e visionari ieri. I Battles senza spartito che pranzano con i primi Matmos.
Si parte con “Nite Creme”, che quasi blasfemo, paragono al Pop Group.
Cambia poco “Glazin”, fluidi, blob sonori accompagnati dal solito groove electro-tribale.
“Earning Plus Interest” una batteria col delay e un synth che sembra quasi parlarci sopra.
“La Cucaracha” riprende tanto dalle vecchie abitudini, tribalismi e chitarre minimali che cercano di farsi strada tra sample gracchianti.
E si continua così, da brevi interludi di rumore, quasi a ostentare (“Ten Inches”, “Buddy”, “Urban Super Mist”) a costruzioni forzate, chitarre acustiche incenerite (“Vegetable”) e groove distorti, ricoperti di wah wah e qualche oscillatore a dire la sua (“Ultra Vomit Craze”).
Un disco che si può discretamente apprezzare con l’ascolto, ma che allo stesso tempo può provocare danni celebrali. Come un po’ tutti i lavori dei Dadi Neri. Più che difficile e pesante, fastidioso alle orecchie se ascoltato tutto d’un fiato.
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2. Glazin
3. Earnings Plus Interest
4. Whirligig
5. La Cucaracha
6. Idiots Pasture
7. Lazy TV
8. Buddy
9. Ten Inches
10. Chicken Shit
11. Vegetable
12. Urban Supermist
13. Ultra Vomit Craze
14. Gag Shack
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