Ho avuto in mente diversi incipit per questa recensione: il primo che mi è saltato in mente riguardava come questo “The Groove Sessions Vol. 2” potesse essere ciò che Madlib avrebbe voluto realizzare con i capitoli indiani di “Beat Konducta” senza riuscirci appieno. Però questa definizione mi è parsa subito parziale, troppo parziale per il lavoro dei Chinese Man .
In questo 2009 che già ha offerto ottimo hip-hop nella sua prima metà (come dimenticare le uscite di DJ Signify e DOOM o l’ultimo meraviglioso tassello del già citato progetto di Madlib o ancora quelle esperienze italiane sempre più creative di cui vi abbiamo parlato e ancora parleremo) persino la Francia alza la testa con la seconda opera sulla lunga distanza del collettivo Chinese Man , collettivo multietnico che si situa all’interno di una più ampia visione estetica e commerciale, comprendente tra l’altro anche una label omonima: il groove che si va delineando nelle quattordici tracce del disco ha come spunto di partenza appunto l’hip-hop (nelle sue varie vesti, dall’old-school all’attuale e prolifica scena californiana, passando per le contaminazioni inglesi attraverso reminiscenze elettroniche e giamaicane) e la musica etnica (principalmente di matrice araba, ma non mancano situazioni in cui traspaiono suoni latini o indiani).
L'”Intro” ha il compito di accompagnarci all’interno del lavoro tramite bassi narcotici e samples accattivanti, ma è già con la successiva “Calling Bombay” che la maestria eclettica dei quattro francesi (due dj e due beat makers) si mette bene in mostra: infatti l’intreccio di cadenze hip-hop e atmosfere indiane evita lo stereotipo con sapienza, nonostante il rischioso cantato tradizionale. “Elysean Fields” cambia rotta e non avrebbe sfigurato nell’ultimo lavoro del Wu-Tang Clan (suoni simili anche in “Batteries Not Included”, robotica, dark e più nineties); “Jumpin’ In Havana” rimbalza morbida e divertentissima omaggiando Cuba e tutta l’America Latina (senza però far sparire del tutto sapori metropolitani e mediorientali). Segue una “7th Street” dalle piacevoli ma cupe intromissioni electro, mentre “Ordinary Man” e “He Said” si tingono di soul e ricordano certe soluzioni materiche ed assai liriche dell’ultimo album di DJ Signify.
Anche le tracce non citate sono ottime e le sensazioni che regalano sono intense, capaci di suggerire impressioni diverse da un ascoltatore a un altro. Voglio ricordare anche il remix del pezzo di Femi Kuti “Day By Day” che, con la sua d’n’b mutante, risulta il vertice elettronico di questo lavoro; la chiusura è infine affidata al pezzo che più tradisce le origini francesi del quartetto ed è pura delizia tra chansonnier e battito psichedelico.
Non tanto indeciso, quanto smaccatamente schizofrenico e libero da inibizioni è il cammino intrapreso dai Chinese Man : loro meritano la piena promozione e noi attenderemo il prossimo passo pieni di speranze, augurandogli nel frattempo di raccogliere giuste soddisfazioni (anche commerciali).
2. Calling Bombay
3. Elysean Fields
4. Post Trauma
5. Jumpin’ In Havana
6. 7th Street
7. Ordinary Man
8. Ayoyo
9. Batteries Not Included
10. He Said
11. Our Time
12. Day By Day (Remix)
13. Ayoyo Na Macumbinha
14. Outro