VENERDI’ 4 SETTEBRE: THE SOUNDBUSTERS, COMETA FEVER, THE WAVE PICTURES, MASSIMO VOLUME, GLASVEGAS
SABATO 5 SETTEMBRE: THE SOUNDBUSTERS, DENTE, WILBIRDS & PEACEDRUMS, ZU, UZEDA, JOSE’ GONZALEZ

INTRO
Iniziamo col dire che l’edizione di quest’anno del Soundlabs Festival non è stata sicuramente la migliore: svariati problemi di organizzazione, un periodo sbagliato, pochissime visite (colpa della scarsa pubblicizzazione) e infine una line-up di poco impatto, interessante, ma pur sempre di poco impatto.
Certo del fatto che questo evento rimane comunque un reale spiraglio di luce nella blanda, troppo eterogenea cultura dei festival italiani.

Parlavamo di line-up di poco impatto prima, non che sia un difetto, ma sicuramente per quanto riguarda propriamente il Soundlabs, ci si aspettava semplicemente molto di più. Dopo l’entusiasmante scorsa edizione, variegata da gente come Mogwai, Blonde Redhead, Micah P. Hinson, Luci Della Centrale Elettrica e altri, speravamo in qualcosa di più per questa edizione 2009.

DAY ONE
Aprono i Cometa Fever, anonimi italiani droneggianti, shoegaze nostrano, una delicata voce sotterrata dal muro sonoro di una chitarra. Bravi.

The Wave Pictures con il nuovo LP “If You Leave It Alone” tagliano delay e riverberi per far spazio a un indie-rock(pop) quasi lo-fi, adolescenziale al punto giusto, melanconicamente allegri. Interessanti sì, fino alla terza canzone.

Poi viene il momento dei Massimo Volume, poche presentazioni: una leggenda del rock indipendente italiano degli anni ’90. Forse tra i pochi che hanno tenuto in piedi l’intera edizione del festival, i nostri ci hanno incatato con il loro slo core, post rock parlato: le Poesie di Emidio Clementi. Dopo la reunion del 2008, i Massimo Volume sembrano ancora esser capaci di illustrarci come il rock possa diventare arte e poesia. Mostrano certo l’età  i nostri tre bolognesi, ma non nel suono, ancora ruvido e disturbato, i testi poi, sembrano più adatti ad un Mimì 40enne per la maturità  ed espressività  che li hanno sempre caratterizzati. Sognanti.

Infine salgono sul palco una delle stra-citate rivelazioni dell’anno passato, gli scozzesi Glasvegas: un live straordinario, tutto incentrato sul frontman James StrummerAllan, che sembra rimportarci indietro negli anni ’80, con le sue movenze, il suo accento quasi dialettale. L’abbiamo capito che sei un talento James. E la prima serata del Soundlabs finisce proprio con la loro “Daddy’s Gone”, tutti a cantare a mani alzate. Rivelazione confermata.

DAY TWO
Seconda e ultima serata per il festival di Roseto degli Abruzzi;
Dente sul palco il primo ad esibirsi, il futuro del cantautorato italiano è o non è nelle mani di questo baldigiovane sotto-sopravalutato fidentino? Lo saprà  solo il tempo. Intanto ci stupisce con un bel live, dolce e spensierato. Chitarra alla mano, ciuffo e (sotto)voce.

Lasciamo al loro destino le lande cantautoriali italiane e facciamoci catturare dalla voce di Mariam Wallentin che con il suo socio Andreas alla batteria formano i Wildbirds & Peacedrums. Stupiscono proprio dal vivo questi due giovani svedesi: immaginate una mezza Patti Smith ““ mezza Joanna Newsom che improvvisa liriche suonando xilofoni e tamburo seguita a dovere da una batteria schizofrenica. D’impatto.

Seguono gli avanguardisti italiani più amati dal resto del mondo, gli Zu, che poco avevano a che fare con il resto della line-up ma che da soli meritavano il costo del biglietto. Setup più che noto: batteria, basso e sax. Fin qui tutto ok, se non fosse per il fatto che gli strumenti non vengono suonati, ma violentemente stuprati. Basso in distorsione pura, sax isterico a sua volta effettato e una batteria capace di dare un semi-ordine a questo caos di rumore. Bravissimi, con il loro nuovo e consigliatissimo “Carboniferous”, una sorta di math-metal, jazz-core di alto livello stilistico e tecnico.

Uzeda dopo gli Zu, stesse matrici sonore, diverso risultato. Catanesi, old noise rock, ormai anziani, famosi per i loro tour mastodontici in giro per tutta Italia e oltre, grazie ai loro dischi usciti per Touch & Go e i loro contatti con il dio Steve Albini. In grado di stupire ancora dal vivo, impressionanti per l’esperienza e maturità  che sprigionano da tutti i pori.

Infine, chiude l’evento il tanto (giustamente?) atteso Josè Gonzáles: il neo Nick Drake, il Sufjan Stevens europeo, il Tim Buckley del nuovo millennio (mmm). Sembrano calzargli quasi a pennello tutti questi grandi nomi, Josè, trentenne svedese, fingerpicking e voce sconsolata. Ci si può innamorare facilmente della sua musica (e i risultati si vedono: dischi d’oro e platino in giro per il mondo). 1:00 di notte, la luna, la chitarra classica e la sua voce. Incantati, trasportati soprattutto dalle cover acustiche di pezzi come “Teardrop” dei Massive Attack o “Heartbeats” dei suoi amici The Knife. Josè Gonzáles, tra le poche scelte azzeccate del festival, ha ricreato un finale d’eccezione. Incantevole.

Nonostante pastrocchi organizzativi, i pochi accrediti concessi a giornalisti e fotografi, una line-up sopra la media ma non sopra le aspettative, il Soundlabs Festival soddisfa anche quest’anno, certo ci aspettiamo una crescita per il futuro, di quello che potrebbe e dovrebbe diventare, con un pizzico di buona volontà  in più, il miglior festival dell’estate italiana.

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