E’ notte inoltrata. Guardo l’oscuritá al di fuori della finestra ingoiare macchine ed alberi mentre migliaia di pensieri si accumulano nella mente. Le sinapsi neuronali rischiano di collassare, tanto, troppo il lavoro cui sono destinate. Cerco nevroticamente un disco che possa fare da accompagnamento ad un’altra notte insonne e mi capita tra le mani una copertina intrigante, quasi misteriosa. Senza fare troppe domande inserisco il cd nel lettore e mi lascio trasportare dalle note in un universo parallelo dove le mie preoccupazioni possano finalmente vagare libere…
Scricchiolii digitali, campionature di rumore, note di piano, melodie misticheggianti. Un cantato spesso doppio emotivamente travolgente. Sonoritá sospese a metá strada tra post-folk e post-rock intersecano aperture etnico-acustiche innescando un vortice di sensazioni mentre il cielo si colra di riflessi sperimentali. La litania di “Awaken” che lentamente cresce ed acquista intensitá mette i brividi, le trame eteree intarsiate di urla disperate e fragili vocals di “Behold” scavano paurosi solchi emotivi, mentre la conclusiva “Endless Winter” soffoca ogni possibile resistenza nei timpani dell’ascoltatore cesellando un finale coi controfiocchi.
Ah, quasi dimenticavo. Loro sono gli Our Brother The Native, due ragazzini americani alle prese con la loro terza fatica discografica dopo lo splendido “Make Ammends…”. Correte a comprare il loro disco. Avrete tra le mani un forte pretendente al titolo di migliore disco dell’anno.
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2. Manes
3. Someday
4. All Grown
5. Dusk
6. Child Banter
7. Awaken
8. Sores
9. Behold
10. Endless Winter