Quello che ti esamina è uno sconfinato cielo, pesante fino alle vertigini, da farti iniziare a credere che potrebbe precipitarti addosso. Le nuvole ribollono lente e pulsanti come magma. Stordito dalla bassa pressione mentre l’aria crepita di invisibili ioni. C’è un senso di imminente, qualcosa oltre le mere percezioni fisiche. Puoi sentire gli atomi disporsi, secondo qualche perversa ancestrale geometria, con un impercettibile ma continuo stridore. Schiacciarsi vibrando gli uni contro gli altri come denti digrignanti. E’ quello che hanno saputo fare, e molto bene, gli Isis in 12 anni di prolifica carriera.
E’ una qualità genetica, nel senso che trascende le idee o gli innegabili picchi di ispirazione. Per questo “Wavering Radiant” si dibatte forse con un po di affanno tra predecessori notoriamente granitici, senza andare troppo lontano già il recente In “Absence of Truth” aveva qualcosa di più angolare e acuminato. Ma è così difficile parlare male di un nuovo lavoro degli Isis, perchè in quello che fanno pur con una certa discontinuità avvertibile anche in alcuni brani meno felici della loro discografia, in quello che sono rimane un DNA musicalmente unico.
Potrebbe essere a volte che il taglio lungo delle loro composizioni (difficile che scendano sotto gli otto minuti) riveli in parte la consapevolezza, del cercare l’atmosfera a tutti i costi. Quel componente raro e ineffabile che nella logica meccanica dei spartiti non ha spazio per esistere. Il rischio è qui: perdersi nei propri stessi labirinti. Probabilmente comprimere in 5 minuti una canzone per gli Isis potrebbe portare a dei risultati più rapidi e concreti, più metal e meno post se vogliamo. Più accessibili agli adepti dei generi storici. Riconosciamo allora a questa band, tra i precursori quando si vuole usare il termine post metal, la fede nel voler continuare ad esplorare ubiquamente entrambi i luoghi. Con tutti i rischi annessi e connessi del caso.
“Wavering Radiant” rimane certo non il più significativo o indimenticabile, ma un album più che buono nella carriera della band statunitense, con brani importanti a cominciare da “Hand of Host”, “Stone to Wake” a “Serpent” e “Threshold of Transformation”. Bisogna però abbandonare la convinzione di dover uscire facilmente da certi labirinti costruiti su ipnotici riff stoppati e percussioni concentriche. Passarci sopra in 10 minuti non funzionerà , anzi vi taglierà fuori.
E’ un lavoro ingombrante come tutti gli album degli Isis, riesce perciò ad esprimersi solo in spazi adeguati. Ascolti casuali o frettolosi rappresentano la via sbagliata perchè l’intuito qui aiuta poco, come in fondo con tutte le band che hanno qualcosa di “post” nella filosofia del fare musica. Il senso di certe correnti musicali credo sia proprio questo: rivisitare luoghi già battuti ma esaminando più da vicino. Cercando una nuova disposizione a elementi che credevamo di conoscere davvero. Richiede senso di osservazione, tempo e capacità di rapportarsi a nuove angolazioni. Con occhi nuovi. E’ vero forse c’è qualcosa di Zen.
Del resto per chi non se la sente, basta la metà . Basta il metal.
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2. Ghost Key
3. Hand Of The Host
4. Wavering Radiant
5. Stone To Wake A Serpent
6. 20 Minutes / 40 Years
7. Threshold Of Transformation
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