Lei si chiama Natasha Khan, meglio nota con lo pseudonimo Bat For Lashes, e ha fatto uno dei dischi dell’anno. A sentire i critici più disincantati non avrebbe nulla di speciale. Un po’ Bjork, un po’ Tori Amos, un po’ M.I.A., ma solo per il colore della pelle. Niente di originale, in definitiva. E’ una cosa triste non sapersi più entusiasmare per qualcosa di buono. Perchè qui di buono ce n’è, e anche tanto. Uno che invece si è entusiasmato è Thom Yorke, che all’epoca dell’esordio “Fur And Gold” si è portato Bat For Lashes in tour. Vagli a dare torto.
“Two Suns” è un album distorto e a tema che ricorda pericolosamente un film di David Lynch. Registrato a New York, parla di strade della Bowery, di amanti disfatti, di un alter ego dal nome Pearl che già immaginiamo come Naomi Watts dal trucco sbavato e con le parrucche da transessuale. Nonostante la voce angelica, le città di smeraldo- direttamente dal Mago di Oz- o le benigne forze della magia, l’ascolto di Two Suns lascia un senso acuto di decadenza, e in questo è davvero newyorkese.
Kate Bush almeno faceva venire in mente gli elfi. In queste canzoni, se gli elfi ci sono, si fanno di acidi lisergici. Come le migliori favole da bambini, “Two Suns” è più dark che consolatorio.
Un articolo di qualche mese fa del Guardian ha messo a confronto Bat For Lashes con le storytellers di ultima generazione come Lily Allen e Kate Nash e l’abisso che ne è emerso è notevole. Le prime trovano ispirazione nelle sbronze mediocri e nei rifiuti della pattumiera, la seconda nell’epica dei racconti di magia e delle fiabe. In Uk si sono stancati del ritrattismo generazionale, così ben venga questa ragazza che scardina i riferimenti, che complica le basi strumentali, citazionista, acuta, snervante a tratti, semplicemente talentuosa.
Il cd si innesta con “Glass”, cristallina ed eterea come il titolo; segue “Sleep Alone”, che è una ballata country-elettronica ritmica e ossessiva. In “Moon and Moon” l’ombra di Tori Amos si fa effettivamente presente ed è più debole in termini di autenticità , mentre “Siren Song” è il vero manifesto di intenti e il nucleo narrativo dell’album.
L’unico scivolone è “Daniel”, oltretutto dedicata al prescindibile Ralph Macchio di “Karate Kid”, citazione che fa davvero troppo anni Ottanta. Era meglio scimmiottare il coniglio di “Donnie Darko” nel video di “What’s A Girl To Do” dal precedente album.
La cosa più incredibile è come Bat For Lashes sia riuscita a trasformare un’operazione potenzialmente kitschissima (coniugare la controcultura decadente della Grande Mela con la storia visionaria di una donna che sembra uscita diritta diritta da Berlin di Lou Reed, e fin qui ci siamo ancora, con le peripezie di Mago Merlino, cavalieri dall’armatura scintillante e vergini vestali sulle spiagge, non è da tutti, ammettiamolo) in un album di classe, che quantomeno ti dice qualcosa sui tempi elettronici che stai vivendo.
Perchè tutto quel maledettismo rock’n’roll va benissimo, ma per una volta è bello vederlo cambiare contesto e colore. Per il resto, c’è davvero poco da dire, “Two Suns” fa tutto da solo. La ragazza corre, statela a guardare.
Credit Foto: Elliot Lee Hazel