Ho un enorme problema con il rosa. Già , perchè quando ho letto il nome di questa band non sono stata così acuta da pensare che potessero aver preso spunto dal titolo di un disco del sessantotto (“Music From Big Pink” dei Band), ma ho lasciato che i pregiudizi verso chi ha fatto di quell’orribile colore il proprio nome si impadronissero di me e che il mio rapporto con questo disco partisse con il freno a mano tirato. Pregiudizi infondati.
Il primo ascolto non è quello definitivo, ma lascia una certa curiosità . Lascia la voglia di schiacciare il tasto play ancora e ancora e ancora.
La curiosità deriva dalle sonorità così maledettamente Creation Records presenti in quest’album. Ci sono i Jesus And Mary Chain, i My Bloody Valentine, i Primal Scream e i Ride. Ma non finisce qui, perchè ci sono anche echi della Madchester degli Stone Roses.
Cosa succede, quindi, se un discografico (Milo Cordell) e un musicista discografico (Robbie Furze) amici di vecchia data decidono di iniziare a suonare insieme? Succede che nasce un disco noise pop in cui ogni singola canzone parla dei vari aspetti dell’amore.
Costanti feedback, suoni elettronici, sintetizzatori, chitarre, distorsioni, ottime melodie e ritornelli da cantare a squarciagola (quello del singolo “Dominos” su tutti).
Ci sono pezzi che vanno a strizzare l’occhio a Ian Brown e soci (“At War With The Sun”), ai Black Rebel Motorcycle Club del primo disco (“Crystal Visions”) e ballate che, con un arrangiamento e una produzione diversi, potrebbero suonare bene sul disco dei Glasvegas (dopotutto sia Black Rebel che Glasvegas si rifanno a Jesus And Mary Chain, è quasi un circolo vizioso).
E poi c’è una perla come Velvet, la cui rara bellezza trascende ogni richiamo ad altre band e si limita ad essere irresistibile.
I Big Pink hanno pubblicato uno dei migliori album d’esordio di quest’anno, un disco che fa innamorare lentamente. Ma chi sono io per parlare d’amore. Ascoltate “A Brief History Of Love”, saprà darvi tutte le risposte che cercate.