A questo punto lo si può dire con una buona dose di certezza: i Màºm sono un gruppo coraggioso. E’ un complimento di quelli che contano. Uno di quelli che soprattutto in ambito musicale trovano un valore preciso e definito. Fondamentale è avere idee, talento, costruire un proprio suono e un proprio stile. Ma è solo l’inizio. Dopo, quel suono, quello stile vanno gestiti, con altre idee a altro talento. Non semplicissimo. I rischi in agguato sono tanti, due i più comuni: ripetersi fino a chiudersi su se stessi e cambiare rotta fino a snaturare quanto costruito, fino a perdere la propria identità . I Màºm li hanno sfiorati entrambi, ci sono passati a fianco, li hanno visti da vicino poi, e qui sta il coraggio, si sono scossi. Hanno fatto con determinazione scelte non semplici, tratto il meglio dalle circostanze in cui si sono trovati. C’è voluto un po’ di tempo per assestarsi ma ora, “Sing Along To Songs You Don’t Know” lo dimostra, sembrano prontissimi per ripartire.
Dopo un esordio fulminante (“Yesterday Was Dramatic Today Is OK”) e un seguito più che all’altezza delle tante aspettative (“Finally We Are No One”), con il terzo album, “Summer Make Good”, i Màºm erano piombati in uno stallo. L’abbandono delle due sorelle Valtysdòttir, prima Gyda poi anche Krìstin-Anna, deve aver alterato profondamente gli equilibri, rimesso in discussione l’identità stessa della band. I due componenti rimasti, Gunnar Tynes e Orvar Smà rason, hanno saputo reagire all’involuzione che stava colpendo il gruppo aprendosi a nuovi suoni, strumenti e componenti. La band islandese ha preso le sembianze di un collettivo: musicisti di stili ed esperienze diverse raccolti in modo più o meno stabile, una partecipazione molto più ampia degli strumenti suonati, sempre intatta la maestria nel maneggiare sfondi glitch-tronici di scuola tedesca. L’avvio di questa nuova era per i Màºm, con “Go Go Smear The Poison Ivy”, aveva regalato risultati altalenanti. Alcune buone idee, altri momenti ancora non a fuoco.
Le cose vanno meglio con questo “Sing Along To Songs You Don’t Know”. A partire dall’iniziale “If I Were A Fish”, perfetta introduzione sia tematica (al centro dell’album c’è l’elemento acqua) che sonora, l’elettronica ruvida e leggera rincorsa da suoni brillanti, folk e giocosi, avvolta da una melodia ingenua e sospesa. Questa la formula, questi gli ingredienti. E’ uno schema a suo modo compatto, capace di definire uno stile preciso nonstante il carattere aperto dell’operazione. Lo spazio creato contiene con sicurezza tutte le soluzioni proposte nelle dodici tracce in scaletta. Il ritmo saltellante di “The Smell of Today Is Sweet Like Breastmilk in the Wind”, la corsa scomposta di “Prophecies and Reversed Memories”, la filastrocca “Kay-Ray-Kàº-Kàº-Kó-Kex”. Il passo sicuro di “Sing Along”, la caduta raccontata in “Illuminated”, la passeggiata ariosa di “A River Don’t Stop to Breathe”, il sentiero panoramico che porta a “Show Me”.
Raccolti tutti gli elementi, il risultato è per certi versi straniante. Si ondeggia tra la sensazione rassicurante di essere accolti in un mondo chiuso, di suoni leggeri e dolci melodie, e la certezza di non sapere cosa aspettarsi dietro la prossima curva. L’approccio giocoso dei Psapp e l’imprevedibilità dei Lali Puna, la calma dei Tunng e la decisione degli Stereolab. I Màºm tornano a sorprendere, senza eccessi nè clamori, in modo sottile ma evidente. Con un disco da ascoltare più e più volte, adatto a molte occasioni, a molti pensieri. Con un’idea nuova, ora definita, e tanto spazio ancora da esplorare.
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2. Sing Along
3. Prophecies and Reversed Memories
4. A River Don’t Stop to Breathe
5. The Smell of Today Is Sweet Like Breastmilk in the Wind
6. Show Me
7. Hàºllabbalabbalàºàº
8. Blow Your Nose
9. Kay-Ray-Kàº-Kàº-Kó-Kex
10. The Last Shapes of Never
11. Illuminated
12. Ladies of the New Century