“In This Light And In This Evening”, terzo album degli Editors, non è una raccolta di inni da stadio come alcuni potevano aspettarsi, dopo il più estroso -rispetto all’esordio a tinte noir “The Back Room”- “An End Has A Start”. I quattro a questo giro hanno deciso di volersi inabissare nelle viscere oscure di una Londra notturna e glaciale, in fuga dalle luci accecanti delle arene rock e alla ricerca di reconditi luoghi introspettivi, lì dove potrebbero palesarsi claustrofobici incubi metropolitani, a pochi passi da un baratro darkwave dentro il quale in realtà non si scivola mai.
Adesso l’ingenuità (in senso buono) e il pur composto fervore degli esordi sono sostituiti da un’attitudine più distaccata e fredda, molto più adulta. I sintetizzatori e gli inserti elettronici soffocano oppure sostituiscono del tutto le chitarre, creando ambientazioni sonore algide e di grande impatto: supponiamo che durante la lavorazione di questo album gli Editors abbiano ascoltato parecchia roba degli Ultravox, dei New Order, di Vangelis o degli Eyeless in Gaza.
La title track posta in apertura è come densa nebbia che entra improvvisamente nella stanza e nella mente, fagocitando ogni possibile raggio di luce interiore. Tom Smith declama con una voce mai così cupa versi ermetici e oscuri, mentre impassibile passa attraverso fredde lande sonore degne di un incubo musicale sci-fi. “Bricks And Mortar” è già meno angosciante, con il suo reiteratissimo, ipnotico motivo di synth, epico e insieme quasi dolce e malinconico.
Parlando del primo singolo “Papillon”, l’accostamento con i Depeche Mode è sì fin troppo facile, però è davvero innegabile. Anche qui la tastierona ha sempre le stesse movenze, sebbene alla fine qui il risultato non sia quello di una piacevole effetto ipnotico. Il brano infatti dopo poco finisce per annoiare e induce a skippare alla successiva “You Don’t Know Love”, apocalittica e struggente, gonfia di rabbia repressa e composta disperazione . “The Big Exit” è un pezzo irrisolto che non ha ben chiara la direzione da prendere, goffamente indeciso tra algide e un po’ tediose pose teatrali e tentazioni espressionistiche.
“Eat Raw Meat=Blood Drool “è il brano più bizzarro del lotto (e uno dei meno riusciti, anche se non è proprio malvagio) sia come liriche (Don’t wait for the sun, your, your story’s been spun/These boys, they just wanna have fun/Your, your damage is done, is done…I give a little to you, I give a little to him, I give a little to her: cosa vuole dirci Tom?) che per la scelta e per il ‘posizionamento’ dei suoni, vetrosi, pungenti, urticanti. Il “marmoreo” atto conclusivo “Walk The Fleet Road” è il miglior ‘lento’ mai composto dagli Editors, grazie al suo afflato magniloquente e alle sue atmosfere ‘monumentali’.
Ma i veri capolavori di “In This Light And In This Evening” sono l’ ‘eroica’ “The Boxer”, con il suo guardingo incedere e le sue solenni aperture, e soprattutto la mostruosamente bella “Like Treasure” , battuta da placide brezze sintetiche che accarezzano l’oscurità , dalla quale poi fuoriusciranno stille di luce immacolata e cristalli di neve magica, prima della placida tempesta della coda in cui un motivo di chitarra di dilaniante bellezza va a fendere la spessa e sinuosa coltre formata dalle tiranniche (ma mai così soavi) tastiere.
L’edizione speciale dell’album presenta cinque brani aggiuntivi, che non seguono del tutto lo stile dei brani dell’edizione base e mostrano sperimentazioni sonore più ardite. “This House Is Full Of Noise” si divide tra introspezione e furore, un furore quasi hard-rock mai mostrato dagli Editors. “I Want A Forest” è una marcia pseudo-industriale impreziosita nel ritornello strumentale da un motivo orientaleggiante moderatamente attraente. Fa decisamente meglio “My Life As A Ghost”, monolitica e ricca di emozionanti chiaroscuri, addirittura spettacolare quando la batteria tace per dar spazio al commovente dialogo tra Tom e i fluttuanti tappeti dei synth sbranacuore. Infine troviamo la svagata “Human”, arricchita da circonvoluzioni melodiche tra il radioso e il nostalgico, e “For The Money”, altra marcia sinistra che ricorda la cupezza della prima traccia del disco.
Se qualcuno sperava in una morte prematura dei quattro, beh, ci dispiace, ma ancora non è giunta la loro ora. Tuttavia è bene dire che “In This Light And In This Evening” presenta qualche sbavatura di troppo per poter essere considerato un ottimo album. è apprezzabile comunque lo sforzo della band nel voler modificare il proprio stile musicale, reinventandosi come combo synth-pop retro-modernista (anche se preferivamo la wave chitarristica degli altri due dischi).
p.s.: è davvero un peccato che non sia stata inclusa in scaletta la canzone destinata alla colonna sonora del secondo episodio cinematografico di Twilight, l’intensissima “No Sound But The Wind”.
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