Carl Fredricksen è un bisbetico ultrasettantenne, che, dopo aver vissuto una vita d’amore con Ellie, compagna di sempre, si trova solo contro un’industria edilizia che vorrebbe far fuori la sua casetta colorata per costruirci un grigio edificio moderno.
Architettando un ingegnoso stratagemma, Carl riuscirà a sfuggire agli sciacalli edili e a raggiunge la tanto agognata America del Sud con l’inaspettata compagnia di Russel, un pestifero quanto logorroico boyscout di otto anni.
Quando l’anima si fa animazione, quando tecnica e cuore si fondono, lì nasce la poesia.
Dal magistrale director di “Monster&Co” il nuovo capolavoro targato Pixar fa breccia nei nostri cuori, facendoli volare in alto, leggeri, come avventurosi palloncini colorati.
Da citazioni colte quali la sequenza iniziale del cinegiornale, chiara levata di cappello a “Quarto Potere” di Orson Welles, a scavi nelle emozioni più circumnavigate dal genere cartoon quali la vecchiaia e la morte, “Up” tocca e dipinge un vasta tavolozza di sentimenti e intenti umani e cinematografici con la saggia leggerezza di un sorriso di comprensione.
L’ ultima tecnica del 3D è qui utilizzata con una naturalezza tale da rendere vivi più del vero i protagonisti di una favola che unisce la tradizione dei buoni sentimenti tipica dell’industria Disney all’anticonformismo più spassoso e diretto made in Pixar.
Sarà l’influenza del recente “Gran Torino”, ma il 78enne Carl Fredricksen non può fare a meno di ricordarci uno scorbutico Clint Eastwood fuso insieme con l’altrettanto bisbetico Walter Matthau e il grande Spencer Tracy. E nel gioco del chi-ci ricorda-chi, accanto a Carl, nel suo mirabolante volo verso le Cascate Paradiso, il piccolo Russel è una comicissima e imbranata versione oversize di Data, il piccolo inventore de “I Goonies”.
Si ride fino alle lacrime e pure ci si emoziona in un’ora e mezzo di film che è un po’ un sunto di tante vite vissute in avventurosa normalità , ma con quel guizzo in più che sa rendere reale l’impossibile. Cani parlanti, struzzi in Technicolor (che tanto ci ricordano i flamingos di “Alice in Wonderland”), bracconieri senza pietà : tutto ci appare plausibile nella sua spassosa improbabilità .
“Up” unisce all’interno del proprio quadro animato gli elementi di una jam session fatta di mille sonorità e colori: dal grigio della solitudine ai colori accesi di una fuga tanto rocambolesca quanto iperbolica. Un incrocio dai mille sapori dove alcune delle sequenze più avventurose sarebbero senza dubbio degne del migliore “Indiana Jones” formato cartoon.
La morale è salda in “Up”, l’inseguimento di un sogno, c’insegna, non deve essere fine a se stesso, affinchè l’avventura, come quella dell’esploratore Charles F. Muntz, non corra il rischio di divenire un’ ossessione per la quale ogni mezzo è permesso, e l’umanità messa da parte.
Perchè la più grande avventura è mantenere intatto e grandioso lo stupore, a 8 come a 78 anni.