Fregare il tempo, sentire l’aria che ti viene a prendere tutta d’un botto, avere sguardi limpidi, impallidire dinanzi all’ovvietà , cercare in continuazione la via di fuga, tremare e rincorrere un assolo di chitarra nell’ignoto che si sforma dinanzi ai tuoi occhi, cedere di schianto e lasciare che lo spostamento d’aria degli amplificatori smaterializzi le ultime incertezze: imbattersi in un disco dei Built To Spill rimane sempre un’esperienza taumaturgica, un avvenimento di per sè rivelatore di cosa possa fare una band con idee ben precise ed una manciata di sogni andati a male.
Su tutto questo, tra stuoli di chitarre (ben tre) e sezioni ritmiche vertiginose, veleggia ancora una volta incontrastata l’ugola cherubina di Doug Martsch, gigante dalla voce di fanciullo, che inchioda ed ammanta di meraviglia anche l’ascoltatore più smaliziato. Il fulvo barbone che guarnisce il viso di Martsch nasconde segreti inconfessabili, speranze e timori di un uomo che s’interroga dinanzi alle bizzarrie dell’esistenza, ricavandone risposte elettriche e magiche melodie.
La ricerca di quella scia luminosa pronta a riverberare in lunghi riff psichedelici rimane intatta in “There Is No Enemy”, settimo album in studio della band di Boise, Idaho, pur lasciando una sensazione di incompletezza che altre volte difficilmente veniva a galla. Alcuni brani sembrano usciti direttamente dalle sessioni che hanno animato il precedente “You In Reverse”, deludendo così le aspettative di chi, da tre anni, aspettava ansioso nuovo materiale. Ciò che smarca quest’ultimo disco dai predecessori, però, è rappresentato dalle liriche, che da impersonali si fanno adesso carico delle ansie e delle sensazioni del barbuto leader, trasformando il tutto in una sorta di cantautorato rock’n’roll.
La band si riscatta alla grande in altri frangenti, dimostrando l’innata predisposizione a tratteggiare infinite code psichedeliche, emozionanti cavalcate in una dimensione interstellare, mostrando qualità superiore al 90% delle formazioni odierne.
La traccia conclusiva, “Tomorrow”, manifesto delle potenzialità del gruppo americano, grattugia nitidi cieli notturni cospargendo di polvere di stelle le fantasie di chi saprà abbandonarsi senza condizionamenti alle storie raccontate dai cinque rockers americani.
In epoche di imbarazzanti album costruiti su sensazionalismi a bassa fedeltà , dove la ribellione è nient’altro che un giro sullo skate sotto le squinternate inquadrature di MTV, i Built To Spill confermano che per emozionare basta essere sinceri, rumorosi e soprattutto immuni alle sciocche regole di un mercato prossimo alla saturazione. Ben fatto Doug.
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2. Hindsight
3. Nowhere Lullaby
4. Good Ol’ Boredom
5. Life’s A Dream
6. Oh Yeah
7. Pat
8. Done
9. Planting Seeds
10. Things Fall Apart
11. Tomorrow
BUILT TO SPILL su IndieForBunnies:
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