Berlino e Catania. Inverno ed estate. Il nuovo disco di Marta Collica sembra nascere dalle suggestioni della sua vita, e spontaneamente riesce a trasmetterle. Al primo ascolto affascina come la spoglia sobrietà di giornate autunnali, le tinte malinconiche della stagione abbandonata dalla natura, e ci suggerisce ambienti mitteleuropei, come quella Berlino dove l’artista vive e lavora, come fosse ormai la sua vera casa. La vita scorre all’interno di mura domestiche, dove il riparo dall’inverno rigido è possibile, e dove le relazioni continuano, le giornate passano con ritmi sereni e riflessivi. C’è un’altra angolazione, però, completamente diversa, che acquista forza e valore con ascolti successivi e che porta alla terra d’origine di Marta, la Sicilia, dove i ritmi lievi e rilassati sono naturali, perchè la stagione che domina è l’estate, calda e spossante, e per sopravviverle bisogna imparare a muoversi e agire con lentezza, godendo di quello che c’è dato, assaporando ogni istante ogni amico ogni situazione. Attimi, dettagli, sfumature, le cose più semplici diventano anche le più intense.
Tra questi due estremi, Marta racconta la sua vita, con immagini e musiche che sembrano dei bozzetti, degli appunti più che dei racconti conclusi e rifiniti. Le composizioni nascono a Berlino, ‘recorded at home’, sommando voci, strumenti e rumori. Con l’aiuto di un 4 piste casalingo sono nate la bellissima canzone d’apertura, “N.08925”, arricchita dalla chitarra di Hugo Race, amico e compagno in altre avventure musicali, e i due strumentali “Just Water” e “Where Was I”, dolci e onirici. Ma anche quasi tutti gli altri brani nascono e vengono catturati in quell’attimo primigenio nell’intimità domestica, per poi svilupparsi ed arricchirsi appena un poco di più con l’aiuto degli amici John Parish, nel suo studio di registrazione a Bristol, e Douglas Jayes, fonico degli australiani True Spirit, che con Hugo Race, leader del gruppo, suona in parecchi pezzi.
La musica che nasce da questi incontri parla dell’amore per atmosfere lievi e notturne, oniriche e dai contorni sfumati. La voce è spesso filtrata, il suono è spoglio e diretto, a tratti distorto, figlio di un’estetica lo-fi solo perchè nasce al tavolo della cucina o dal divano del salotto. Gli strumenti, in prevalenza acustici o appena elettrificati, vengono suonati in punta di piedi, senza foga e senza troppa energia.
Volendo giocare con suggestioni e differenze, potreste pensare a Marta come ad una Marissa Nadler più sporca e malata, come in “About Anything” e “Never Look Back”, ad una Lisa Germano più ruspante ed incompiuta, come in “Lessons&games” e “Maregrosso”, ad una P.J. Harvey non ancora arrabbiata, come in “Lose My Mind” e “Just Water Just Air”, o a delle Marine Girls non più dolci e spensierate, come in “Number08925”, “Bonewhitemoon” e “Future #1”. Dichiarata e citazionistica è sicuramente la passione per i Velvet Underground, negli arpeggi e nelle melodie di “Giulia” e “Giulia#2”. Esagero? Sicuramente, perchè alla fine la cifra stilistica è assolutamente personale ed inafferrabile, e il gioco dei nomi mi serve solo per indicare una traccia ed una direzione.
Le parole invece non possono che essere inglesi, perchè è questa ormai la lingua con cui Marta pensa e si esprime, è quella con cui si relaziona con gli amici che ha invitato a lavorare con lei. Solo in due pezzi, “Nastri Sporchi”, riscaldata dal sax di Peculiaroso e attraversata dai fantasmi dei Velvet, e “Mare Grosso”, quasi una traccia nascosta onirica e languida che chiude tutto il lavoro, le bellissime immagini ci arrivano nella sua lingua natia. E forse la possibilità di comprendere più facilmente me le rende quasi più simpatiche. Probabilmente è solo un mio limite, ma col prossimo ascolto parto proprio dalla traccia finale…
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2. Bonewhitemoon
3. Lessons & Games
4. Lose My Mind
5. About Anything
6. Just Water Just Air
7. Giulia
8. Just Water
9. Future #1
10. Nastri Sporchi
11. Never Look Back
12. Where Was I
13. Giulia #2
14. Maregrosso