Dietro il nome Windmill si cela il giovane songwriter inglese Matthew Thomas Dillon, che già aveva ricevuto le lodi della stampa musicale con l’esordio del 2008 “Puddle City Racing Lights”.
A distanza di un anno, il ragazzo vuole riconfermare il proprio talento con “Epcot Starfields”: gli echi pop ““ folk vengono quasi del tutto abbandonati e sostituiti da pezzi prevalentemente pianistici uniti ad arrangiamenti orchestrali, alle volte più soffusi e più imponenti in alcuni episodi. Si incontrano qua e là pure incursioni elettroniche, e la gran parte dei refrain si fissano subito nelle orecchie e nella testa di chi ascolta. La voce è impostata su un timbro che ricorda quello di un Jeff Tweedy o di un Jason Lytle ancor più nasale, spesso protagonista di interessanti intrecci vocali a doppie voci. Il ritornello ““ killer di “Ellen Save Your Energy” ne è un calzante esempio: questo impiego delle parti vocali, che sulla carta potrebbe sembrare fin troppo sfruttato e riutilizzato, è invece in questo pezzo, come in altri, un punto di forza.
Il trittico iniziale (“Airsuit, Big Boom, Imax Raceway) non è di certo da sottovalutare, e dimostra come Dillon ci sappia davvero fare con la composizione, supportato anche da tessiture sonore che a tratti ricordano quelle dei Mercury Rev.
E’ uno che senz’ ombra di dubbio sa scrivere del buon pop, come si ha modo di ascoltare anche in “Epcot Slow” e “Epcotman”, sempre caratterizzate dall’ottimo sound che permea tutto il disco dei Windmill, e che fa di esso un lavoro molto compatto e tutt’altro che frammentario.
Viene messa in mostra una personalità artistico ““ musicale più che invidiabile, nonostante le palesi influenze di questa one man band. Ottima seconda prova, alla quale vanno riservati diversi ascolti.
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2. Big Boom
3. Imax Raceway
4. Ellen Save Our Energy
5. Epcot Slow
6. Epcotman
7. Photo Hemispheres
8. Shuttle
9. Sony Metropolis Stars
10. Spaceship Earth
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