Anche questa compilation-tributo non sfugge a tre semplici regole di ogni compilation-tributo.
Innanzitutto una certa eterogeneità dei contenuti, un saliscendi qualitativo ed infine il costringere chi ne scrive ad una recensione didascalica. La scaletta pesca dall’opera solista di Barrett, quella stilisticamente più essenziale e scarna, evitando i brani pubblicati con i Pink Floyd di più complessa reinterpretazione. L’operazione di per sè molto interessante, assolve comunque il compito con una sufficienza piena, alternando momenti molto validi a qualche riempitivo ed un paio di scivoloni.
Partendo dalle note dolenti è necessario citare il reggae-ska dei Gasparazzo piuttosto imbarazzate e fuori tema anche in un progetto dove l’eterogeneità è inevitabile. Altro mezzo pasticcio è “Baby Blue” dei Vanproof, una nenia delirante e lamentosa che dura quasi sei minuti, troppo. Passando alle note positive spiccano su tutte la bellissima e suggestiva “Opel” dei Jennifer Gentle, “Terrapin” degli Atari, completamente trasfigurata da tappeti sintetici ed inoltre “It Is Obvoius” di Moltheni che si diverte a trasfigurare anche la propria cifra stilistica.
Il resto dei brani si attesta su una sufficienza piena e qualche passaggio più innocuo a completare un quadro interessante, ma non eccellente. Da sottolineare il coraggio e la personalità delle band nel portare il proprio stile compositivo all’interno di ogni canzone. Poi, si sa, non tutte le ciambelle riescono col buco, anche se qui dentro ce ne sono tre o quattro dal gusto irresistibile, basta solo saper pescare bene.