Difficile restare impassibili di fronte ad un talento come Joe Henry. Si fa fatica a non provare brividi a ripetizione quando questo immenso songwriter (ma non ditelo ad alta voce, sicchè Joe non ama essere forgiato di tale appellativo, lui si definisce un ‘hobo’, un fuorilegge del country, come Johnny Cash o Willie Nelson, o piuttosto ‘uno a cui piace dar luce a qualcosa’) intona un blues con tutto il pathos e la sconfitta di cui è capace e con estrema facilità , oserei dire. Alquanto impossibile trattenersi dal definire quest’ultima fatica solista (l’undicesima per l’esattezza) un mezzo capolavoro o quasi: una zona franca tra vaudeville, dixieland, blues e balcani, che sembra spuntare da un grammofono impolverato del secolo scorso.
Canzoni senza età , già classiche da subito, non fosse per il magico interplay dei geniali musicisti coinvolti: Il gigantesco Marc Ribot, che si divide tra chitarra e, udite udite: cornetta (!) emanando dal suo strumento strali di Europa che profuma di Weill e Waits (“Death to the Storm”, “The man I Keep Hid”), nonchè istantanee di flamenco (“This is My Favorite Cage”) e blues indiavolati colorati di effetti bandistici stile fanfara di New Orleans (“Bellwether”), il pianista jazz Jason Moran, autore del favoloso preludio “Light no Lamp when the Sun comes down” che apre il disco ed il sassofonista (giovanissimo, di appena diciassette primavere) Levon Henry, figlio del prode Joe e musicista invero di vaglia ““ basta udire la notturna “Truce” o il meraviglioso strumentale per solo chitarra e sax che risponde al nome di “Over her Shoulder”, per sincerarsene ““ già premiato al prestigioso Monterey Jazz Festival Award, come miglior solista, scusate se è poco.
La sezione ritmica di Jay Bellerose, alle percussioni e David Piltch al basso fa il resto, coadiuvando il maestro in favolosi e tragici escursus alla Costello (“Channel”) o intense ballate afterhours circa Randy Newman, ma un po’ più accigliato (“Progress of Love (Dark Ground)”) o un blues ancestrale, come potrebbe scriverlo T-Bone Burnett, leggermente disturbato dagli effetti ‘cinematici’ del nuovo arrivato Keefus Ciancia (“Stars”). Come se non bastasse, I testi sono, come al solito, assolutamente magnifici e pieni di poesia, da far invidia al migliore Tom Waits o un rassegnato Bob Dylan sul viale del tramonto. Lunga vita a Joe Henry, ora e sempre.
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2. The Man I Keep Hid
3. Channel
4. This Is My Favorite Cage
5. Death To The Storm
6. All Blues Hail Mary
7. Bellwether
8. Progress of Love (Dark Ground)
9. Over Her Shoulder
10. Suit On A Frame
11. Truce
12. Stars
13. Coda: Light No Lamp When The Sun Comes Down