Dopo “Polar Express”, primo film girato interamente in performance capture, il regista di “Ritorno Al Futuro” ci regala un altro fantastico viaggio, catapultandoci nella magica atmosfera natalizia, attraverso i corridoi tetri di un castello gotico e le strade londinesi di epoca vittoriana dal sapore dickensiano. Il racconto di Charles Dickens, “Canto di Natale” del 1843, sull’avventurosa notte di vigilia dell’usuraio Scrooge, è un classico della letteratura anglosassone che Zemeckis ha saputo rispettare con l’apporto di ammalianti effetti speciali: i personaggi, a metà tra cartone animato e attori in carne ossa, sono il risultato della performance capture, tecnica che consente di catturare le espressioni facciali di attori reali per applicarli ad un personaggio virtuale.
Qui le smorfie di Jim Carrey, che interpreta l’avaro Scrooge, sono magistrali. Ma tutti i personaggi ci affascinano con le loro espressioni facciali ora di terrore puro, ora di incontenibile felicità , e ci divertono con le loro rocambolesche piroette. Il 3D, poi, regala allo spettatore l’eccitante sensazione di essere dentro a una favola dal fascino inquietante. E’ come guardare affacciati da una finestra e godere della fremente socialità delle strade ricoperte di neve, in attesa del giorno più bello dell’anno: il giorno di Natale. Soavi cori natalizi, urlanti commercianti con le loro bancarelle, gioiosi bambini in slittino, colorate dame a passeggio e poi lui: Ebenezer Scrooge, nero, torvo, curvo e secco. Un corvo. Scrooge odia il Natale e odia l’umana fiumana, ama solo le luccicanti monete che conta e riconta con le dita ossute, seduto nel suo lugubre ufficio, freddo come la tomba che ha appena accolto il suo socio Marley. L’ombra della Morte e la luce della Vita affrontano il loro duello senza tempo in questa nuova opera cinematografica della Walt Disney, indirizzata più ai grandi che ai piccini, vista la presenza di elementi orrorifici.
Le tenebre e i suoi fantasmi s’insinuano attraverso la porta dell’odioso strozzino e reclamano nuove anime da portare all’Inferno, proprio la notte della vigilia di Natale, la notte della rinascita. Il Tempo, creditore inclemente, bussa a quella porta per riscuotere il suo debito nelle effimere sembianze di tre spiriti: lo spirito del Natale passato, lo spirito del Natale presente e lo spirito del Natale futuro. Quello di Scrooge è, dunque, un viaggio di conoscenza, un incredibile viaggio nel tempo. E cos’è il tempo se non la materia di cui è fatto lo stesso cinema? Una materia duttile e senza regole che lo sceneggiatore (ma anche il romanziere) usa a proprio piacimento: lo fa andare avanti e indietro, ancora più avanti per poi ritornare al momento presente. E chi meglio di Zemeckis sa come plasmare il tempo tanto da averne fatto un’intera saga? I viaggi temporali da sempre affascinano registi, scrittori, fisici e visionari incalliti.
“A Christmas Carol” si colloca a buon diritto tra quei mirabolanti viaggi temporali che fanno sognare gli esseri umani, senza ricorrere a una visione edulcorata della realtà ma lasciando comunque sperare nella possibile redenzione di almeno uno dei tanti Scrooge sparsi nel mondo: “1842 fratelli”, come li chiama lo spirito del Natale presente, una versione opulenta e irritante di Jim Carrey, i cui figli sono Ignoranza e Miseria. Un film fedele a un’opera letteraria dall’alto valore morale che fa riflettere sul senso del Natale e, soprattutto, sul senso della vita presente, passata e futura. Ma anche un film che fa divertire, terrorizzare e sorridere: semplicemente perchè la vigilia di Natale sta arrivando!