Il difetto principale di questo disco è molto facile da spiegare: l’ubiquità . Il voler essere due cose allo stesso tempo costringe le canzoni a dilungarne troppo la durata, circa 53 minuti, abbastanza stancanti. Procediamo con ordine. Danny Saul fa parte del sottobosco musicale di Manchester già  da circa dieci anni e per questo “Harsh, Final” ha scelto un approccio singolare in bilico tra ambient strumentale e cantautorato intimista. Niente da dire sui suoni, molto suggestivi, pregni di un “freddo romanticismo” tipico di band quali gli Helios o come dei Balmorhea privi di solennità  (che è un po’ la loro caratteristica migliore). Il problema, come accennato in precedenza è la durata dei singoli brani che, unità  ad una circolarità  stilistica che ha ben poche variazioni, diluiscono eccessivamente la componente lirica, portando ben presto alla noia.

La solitudine spettrale che accompagna alcuni passaggi avrebbe meritato miglior sorte e non è ben chiara l’esigenza di inserire i testi, fallendo nel tentativo di avvicinare le composizioni ad una forma canzone più classica. Dovrebbe essere un lavoro che prova a toccare corde profonde in chi lo ascolta, capace di ricreare ambientazioni algide e brividi a fior di pelle, ma tutto questo accade raramente. Poco importa della perfezione formale dei passaggi strumentali, quando poi le splendide intuizioni di un brano come “Cannonball” si perdono in una ripetitività  senza via di scampo. Magari al prossimo disco questi errori di valutazione prenderanno una strada decisa e ci ritroveremo tra le mani un piccolo gioiello. Per il momento restiamo a sbadigliare, lasciando le emozioni ad uno stadio solo timidamente accennato.

Harsh, Final
[ White Box – 2009 ]
Similar Artist: Balmorhea, Helios, Sun Kil Moon
Rating:
1. Your Death
2. My Escape
3. Clockwork
4. (Harsh)
5. Cannonball
6. (Final)
7. Stop Escaping