I britannici Black Poets appartengono all’ormai stra-celebre filone post-punk che tanti di voi hanno imparato ad amare/odiare durante gli anni 2000. A tale pseudo-movimento musicale i quattro poeti neri non apportano nulla di particolarmente nuovo. Assodato il fatto che “Innocents And Thieves” non è certo un grande esempio di originalità , bisogna però dire che le umbratili tracce in esso raccolte (a volte palesemente debitrici dello stile musicale degli Interpol) non sono affatto disprezzabili.
Brani dai ritornelli appiccicosi come “Mistakes” e “Point Of Reason” appaiono davvero ben congeniati e riescono a trovare sempre l’adatto umido loculo notturno dove impiantarsi e attecchire, producendo inebrianti esalazioni di wave plumbea e intimista alle quali abbandonare narici stanche dell’odore marcio dei fallimenti e dei rimpianti quotidiani. Certo le dinamiche che animano questi brani le avrete in parte sentite in altri album. Per i palati più esigenti allora ci sono canzoni meno prevedibili come “Paris 1932”, (qui troviamo il refrain più luminoso dell’album, rischiarato da rutilanti note di tastiera), la tragica, angosciante title track che unisce sinuosità notturne a freddi geometrismi strumentali e “Modern Movement”, la quale cattura l’attenzione soprattutto durante il suo graffiante ed esplosivo segmento finale (qui i Black Poets osano un po’ di più). Un appunto alla voce di Gerard Lecain: in certi punti appare incantevolmente profonda, ma in certi altri i tentativi di assumere un registro severo appaiono troppo forzati.
Se potessimo parlare a questi quattro wavers nottambuli, consiglieremmo loro di cercare il loro vero suono, elaborando ulteriormente i buoni spunti che sono già presenti nella loro arte musicale, in modo da potersi staccare definitivamente dai loro modelli di riferimento, altrimenti il loro destino sarà l’oblio.
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2. Mistakes
3. Point Of Reason
4. Naivity
5. Paris 1932
6. Amnesty
7. Innocents And Thieves
8. You Fade Away
9. Low Level Clouds
10. Modern Movement
11. Irene