Svegliandomi ormai prestissimo la mattina ho voglia di calmierare la rabbia che mi deriva dalla luce solare, dal dinamismo della gente comune, dai rumori diffusi piano piano per piano.
è una sorta di voce mai sopita, che nasce dalla pancia, ti fa rigirare tra le coperte, ti avvolge in un alone di domopak esistenziale che stenta a scardinarsi.
E allora ci sono ascolti casuali, come questo degnissimo disco dei L. U. D. G. F., che ti rimettono in piedi.
Con la scossa che la senti partire dall’attaccatura delle palle e ti sale fin nel cervello passando dalla tazza di caffè nero bollente che ti giace pensosa davanti.
Questo è il momento della riflessione, di uno strascico anni ’80 colto e delicato, di sussurri e chincaglierie elettroniche, di anime in scontro e balli lenti.
Cioè la rivincita, mai doma, di quella correntella che discende direttamente dallo Shoegaze anglosassone, fatto di miraggi futuri, vite sostenibili e pelle cerulea.
Insomma la 4AD che incontra la Sarah Records e se ne vanno a braccetto tra Glasgow e Manchester, Bristol e Sheffield in attesa che la nebbia si diradi all’orizzonte.
Mi piace tutto questo secondo parto di Michael Lee e dei suoi amichetti di Los Angeles, geograficamente ed idealmente quanto di più lontano dall’immaginario albionico si possa cogitare.
Nonostante avessi aspettative zero, hanno saputo costruirsi una rapida credibilità , con bellissime melodie, testi sognanti ed una capacità raffinatissima nel conquistare l’ascolto anche nel bel mezzo della misera quotidianità natalizia.
Canzoncine come “In Steps”, “Folding Under Stories Fold”, “The Colors Aren’t You Or Me”, fanno assolutamente la differenza, col loro girovagare attonite in territori già percorsi con destrezza da My Bloody Valentine, Kings Of Convenience e Postal Service, tanto per nominare qualcuno.
L’unico appunto che potrei muovere a questo “Letting Up Despite Great Faults”, oltre al fatto di avere un nome da attacco epilettico, è un pò la caduta di tono nella seconda parte dell’album.
Una leggera involuzione dei brani che, tranne nella splendida “Release”, rischia di addormentare gli astanti rapiti poco prima.
Nulla di dannoso o immutabile dato che la chiusa è davvero magistrale, solo un piccolo appunto di stile che potrebbe essere facilmente aggirato.
Piacevolissimi.
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2. Folding Under Stories Told
3. The Colors Aren’t You Or Me
4. Our Younger Noise
5. Pause
6. So Fast: You
7. Photograph Shakes
8. Sun Drips
9. Release