Genio e sregolatezza, così Guy Ritchie dipinge liberamente il celebre detective di Conan Doyle in un’affascinante ambientazione londinese di fine Ottocento, regalandoci un action movie ironico ed entusiasmante. Il ritmo incalzante sia dei dialoghi che degli eventi, una peculiarità della cinematografia di Richie che ritroviamo anche in quest’ultimo film, diverso dai precedenti, invece, per la concentrazione del punto di vista. Qui tutto ruota intorno all’investigatore interpretato da un eccezionale Robert Downey Jr. Qui non vi è quell’intreccio di punti di vista che ha reso indimenticabili film come “Lock & Stock” e “Snatch”, ma lo sdoppiamento dello stesso punto di vista di Holmes: prima il ragionamento, poi l’azione. L’arte della deduzione, che ha reso così affascinante il personaggio di Conan Doyle sulla carta, non è semplice da trasporre visivamente.
Così Richie opta per una deduzione-azione, descritta e allo stesso tempo agita al rallentatore, come se l’azione avvenisse prima nella testa di Holmes, per poi esplodere fulminea in una manciata di secondi, alla Guy Richie appunto. E’ sporadica, invece, la più melliflua attività di analisi dei dettagli sulla scena del crimine che costituiva il metodo scientifico adottato da Holmes. Quando Richie decide di farvi ricorso, tale attività è comunque frammezzata da concitati avvenimenti, come la sequenza in cui Holmes e Watson (Jude Law) entrano in un fatiscente e decadente laboratorio ricolmo di dettagli (animali morti, vivisezionati, tracce di esperimenti) e, mentre analizzano il contesto, vengono assaliti da un energumeno. E chissà perchè alla fine della rissa che ne segue, Holmes e l’energumeno distruggono un intero cantiere navale! Digressione narrativamente poco utile, quest’ultima scena si mette in risalto, per l’esplosiva regia di Richie: panoramiche nelle quali esplode l’azione, accompagnata da dialoghi sempre brillanti.
Il fido Dottor Watson? Interpretato da un impeccabile Jude Law, Watson non è mera spalla del detective più famoso della letteratura gialla, ma la sua controfigura, razionale e ordinata. Come due facce dello stesso personaggio, ricordano Dottor Jackyll e Mr. Hyde, Logos e Pathos, ragione e istinto, residenti allo stesso indirizzo: Baker Street, numero 221B. Alla riuscita coppia Downey Jr.–Law si aggiunge, nel corso del film, Rachel Mc Adams nei panni di Irene Adler, l’elemento femminile mancante e oggetto del desiderio di Holmes. Ladra, traditrice e mercenaria non incarna certo l’ideale femminile, così come nel film lo stesso Sherlock Holmes non personifica l’eroe classico. Sempre sul filo del rasoio, antieroi entrambi e per questo fortemente intriganti, riescono a suscitare molta simpatia negli spettatori. Un personaggio viene lasciato nell’ombra: il Professor Moriarty, acerrimo nemico di Holmes e intuibile promessa che ci sarà un seguito al film. Tutti i personaggi sembrano muoversi all’interno di un adrenalitico videogame, con ostacoli da superare, ‘mostri’ da abbattere e fanciulle da salvare, per poi passare al livello successivo e a pericoli ancora più grandi. Non mancano, quindi, eclatanti effetti speciali e continui colpi di scena, come morti che resuscitano e impiccagioni alla “Final Destination”. E’ l’occulto, il soprannaturale dai contorni più macabri a colorare di noir il film che non perde mai, però la sua vena sarcastica e infine riconduce il tutto a una visione positivistica della realtà .