Che Otis Jackson Jr. potesse tirar fuori dal cilindro altra meraviglia non stupisce affatto: nel 2009 gli erano bastati i capitoli cinque e sei della serie “Beat Konducta” e qualche pezzo nel discone di Mos Def per ricevere lodi e plausi unanimi. Quest’anno addirittura ha promesso un uscita al mese: siamo soltanto a fine febbraio e già riempiamo quasi tutte le dita di una mano.
“Miles Away” era, tra le recenti fatiche, una delle più attese: con la stesso pantagruelico moniker negli ultimi anni Madlib ha realizzato due ep che rientrano all’interno di un progetto dedicato alle stagioni, il disco invece è un omaggio, dichiarato sin dal titolo, al genio di Miles Davis.
Il lavoro prende vita attraverso dieci tracce dedicate a jazzisti di varia fama (si passa dai notissimi Coltrane, Ayers e Sanders a Reklaw e Ranelin, che sono già nomi per appassionati ed esperti), tutte piuttosto lunghe, solo in due casi si scende sotto i cinque minuti, nelle quali è tutto un tripudio di grooves suadenti, ispirati ovviamente al jazz elettrico di Davis, ma forti di una propria personalità (si può citare, come facile testimonianza, l’amore mai di Otis sopito per intarsi e sapori latini). è infatti un Madlib particolarmente ispirato (no, come se non lo fosse quasi sempre), che riesce a dar voce a tutte le proprie idee, creando così un affresco che lascia senza parole: si viene trasportati da momenti più classici e cool come “Waltz for Woody” a repentine fughe avanguardistiche (“Tones For Larry Young”), si passa senza preavviso dalle atmosfere solari e dannatamente funk di “Black Renaissance” agli accenni world di “One For The Monica Lingas Band” e si approda infine presso porti d’ipnotica irruenza con la spettacolare “The Trane & The Pharoah”.
La certosina perizia strumentale, una creatività che pare infinita e un valente, ma ben nascosto, lavoro di post-produzione permettono a Madlib di confezionare l’ennesima e imperdibile gioia per le nostre orecchie.