Scusate il ritardo.
Ero intento a farmi piacere l’ultima uscita discografica di Goldfrapp senza, ahimè, riuscirci.
Perchè seguo da anni il duo Alison Goldfrapp + Will Gregory da Bristol, UK ed adoro i loro voli pindarici, un viaggio nel tempo senza età , dall’inarrivabile “Felt Mountain” del 2001 alle brusche virate di “Black Cherry” (2003) e “Supernature” (2005) per poi tornare alle origini sempre nel 2005 con “Seventh Tree”.
Ma questo cambio di rotta repentino davvero non me lo aspettavo ed ho cercato in tutti i modi di capire che cosa potesse mai animare questi splendidi artisti per fare tutto ciò.
La Heavy Rotation di “Rocket”, primo singolo di questo inutile “Head First”, su tutte le radio e televisioni, è ormai urticante.
Il loro pop si è fatto evanescente come una bottiglia di vino dimenticata aperta ad una cena, dietro un vaso di fiori, la settimana scorsa. Troppo prevedibile l’uso di synth di terza mano che fanno di questo revival eighties qualcosa di scontato.
Il disco scivola via, brano dopo brano, senza lasciare una minima traccia, se non forse “Dreaming” che ha un che di antico, almeno per quanto riguarda Goldfrapp.
Per carità , non c’è nulla di orrendo in questo album. Ma la banalità regna sovrana e non ci resta che declassificare l’album nel secondo volume della enciclopedia “cool/uncool”.
Paillettes, colori fluorescenti, rossetti improbabili, lucidalabbra, big babol.
Disco dell’anno 1983.