Se c’è una cosa che i maestri dell’IDM ci hanno insegnato in anni di attività è come questo genere sia, alla fine della fiera, niente di meno e niente di più che un’accozzaglia di battiti, campionamenti e qualsivoglia risonanza sintetica al servizio del virtuosismo ritmico e sonoro. Senza abilità non c’è IDM, rimane l’accozzaglia.
Flying Lotus, al secolo Steven Ellison, conferma di aver imparato la lezione (come se ce ne fosse ancora bisogno, dopo gli eccellenti “1983” e “Los Angeles”, entrambi su Warp), coniugando l’hip-hop più sperimentale a sussulti glitch, battiti drum’n’bass a suggestioni easy listening, sonorità da musical a vibrazioni jazzy, arricchendo il tutto di una forte influenza black di matrice USA (rimane pur sempre il nipote di Alice Coltrane).
Il merito di FlyLo consiste nell’amalgamare armonicamente tutti questi elementi in netto contrasto tra di loro, andando a creare un prodotto che, nella confusione generale, riesce a trovare una propria linearità , dosando i moltissimi componenti in maniera chiara e decisa. Mai come in questo caso risulta appropriata la metafora suggerita dall’immagine di copertina: ogni microbit, ogni campionamento, ogni singola scheggia sonora va a posizionarsi dall’anarchia generale nella giusta posizione, inserendosi nel grande disegno del cosmogramma.
Se l’intento è quello di ritrovare la retta via nel caos, Ellison dimostra ottimi risultati sin dalle prime tracce: “Clock Catcher” si apre in un delirio 8-bit, prosegue con degli arpeggi distorti e termina con la stessa arpa (che ritornerà spesso nell’opera), finalmente libera da costrizioni elettroniche di ogni sorta. “Pickled!” e la sua base drum’n’bass riportano la mente al Richard D. James Album, mentre “Intro: A Cosmic Drama”, con la sua melodia classicheggiante, rievoca l’ultimo Aphex Twin, il compositore ispirato di “DrukQs”.
L’atmosfera jazz con venature hip-hop di “Zodiac S**t “prosegue in quella che è forse la miglior traccia della confezione, “Computer Face / Pure Being”, IDM ispirato e solido nelle sue scaglie glitch accompagnate da un solido tappeto di sintetizzatori; la collaborazione di Thundercat ai bassi impreziosisce non solo questa piece ma la stragrande maggioranza dei brani. E ben altra collaborazione si prospetta nel brano seguente, senza dubbio più fruttuosa sul piano pubblicitario: il tono dimesso di Thom Yorke (non nuovo a collaborazioni di questo genere, Modeselektor insegnano) si fa strada sui synth di “…And the World Laughs With You”, che non avrebbe sfigurato in “Kid A”.
Nuovo brano, nuova contaminazione: “Do The Astral Plane”, contraddistinto inizialmente da sentori easy-listening, evolve brevemente in un raffinato brano house contaminato da riflussi jazz, per concludere in un duello tra code glitch e fiati. Il jazz-chillout di “German Haircut”, le morbide “Recoiled” e “Dance Of The Pseudo Nymph” (etno-clap-jazz-scampanellato, influenze afro a go-go) guidano verso il finale: “Galaxy In Janaki”, breve epopea su archi e sample chiude in bellezza uno dei must elettronici di questo primo 2010.
Credit Foto: Renata Raksha