Parliamone. Chi le odiava continuerà a farlo. Gli altri, quelli che provavano simpatia nei confronti del loro folk squinternato e sognatore e che già avevano ridotto il sorriso a una smorfia dopo le incursioni nei territori dell’hip hop elettronico delle Cocorosie, avranno davanti due possibilità : rassegnarsi, come davanti a una ragazza bella che non ha superato il test della mattina dopo, o autoconvincersi che qui ci sono ancora delle forme e dei suoni da salvare.
Non c’è niente di semplice in questa ostinazione a continuare a scegliere qualcosa che non si risolve mai in quello che ci aspettavamo. E’ una cosa romantica, persino. Una cosa romantica e miope: “Grey Oceans”, con tutta la buona volontà , non offre appigli. Malgrado l’etichetta che doveva essere di sdoganamento (siamo in area Sub Pop), l’album è una prova solipsistica. Nel migliore dei casi le due sorelle Sierra e Bianca infrangono certe barriere (“Trinity’s Crying”, “Lemonade”) e tentano uno sperimentalismo commerciale (“Smokey Taboo”) che riesce a non dare sui nervi. E nel peggiore dei casi, beh…Una recensione non può limitarsi a dare informazioni di servizio o a fornire un elenco di tracce che funzionano e tracce che invece non funzionano, ma certe cose vanno dette e chiamate per nome: “The Moon Asked The Crow” è uno dei pezzi più imbarazzanti di cui le Cocorosie si siano mai rese artefici.
E il loro vecchio giochetto suoniamo qualcosa come se una vecchia attrice di vaudeville si fosse trasferita nella Berlino contemporanea per lavorare in un bar vietnamita dove si esibiscono giovani electroperformers (vedi “Hospcotch”) ti sembra solo il tentativo rassegnato di queste due donne di convincersi che sono strane e talentuose, talentuose e strane. Ma insomma, qui viene meno l’emozione, e non è un caso che il pezzo più convincente- “Gallows” – sia proprio quello in cui le due sembrano essersi impegnate di meno: nello srotolarsi in circolo del pezzo c’è qualcosa che ci porta nei pressi di una visione, di un’altra stagione; carillon e pianoforti non sono sono vuoti ornamenti estetici ma elementi funzionali all’espressione.
Questa volta le Cocorosie non diventano mai una necessità . E in questa mancata necessità , nell’insopportabile assenza di qualsiasi vocazione o urgenza, io ne vedo tutti i limiti. E il naufragio in oceani grigi.