Mike Patton canta i classici del pop italiano degli anni 50 e 60. La recensione potrebbe finire qui e avremmo descritto per filo e per segno un album che, solo in apparenza, si distanzia di molto dalla produzione dell’ex vocalist dei Faith No More. Le cose non stanno invece esattamente in questo modo e viene da sorridere al pensiero di ciò che alcuni organi della stampa mainstream del nostro Paese hanno dipinto per descrivere un’opera che, è vero, non ha molte pretese, ma che rappresenta comunque un unicum nel panorama internazionale (veramente) indipendente.
Patton ha da sempre affermato di amare sonorità semplici, immediate pop. Il ritenerle “‘estreme’ alla stregua delle derive sperimentali in compagnia di gente come John Zorn o di uno a caso dei suoi progetti paralleli è impresa normale, quasi spontanea proprio in virtù di una eterogeneità apparentemente confusa o forse solo dannatamente instancabile.
“Mondo Cane” è in questo contesto un album estremo, fortemente espressivo che ha l’invidiabile pregio di essere ironico ma non goliardico, fedele e non parodistico. Può sembrare strano ma i brani non sono stravolti e gli arrangiamenti non sono più ricercati di quelli che uscirebbero da una TV accesa su un balcone in un giovedì sera di un’afosa estate italiana se a cantarli fosse un’elegante mummia dei tanti che la infestano.
L’anima da vero crooner non è neanch’essa una novità , un gioco surreale e contingente, ma la manifestazione, l’esposizione di ciò che è sempre stato, del sottile amore per Nat King Cole, Johnnie Ray o l’immancabile Frank Sinatra, per l’orchestra e i suoi modi, per le luci soffuse, l’odore di fumo e sventole e quel retrogusto legnoso di whisky d’annata.
Chi non abbia mai visto tutto questo nei Faith No More di “Angel Dust”, nei momenti più introspettivi dei Mr Bungle di “Disco Volante” o nella deriva trash dei Peeping Tom assiste da sempre a qualcosa che non è mai esistito.
Dunque questo album può sorprendere un pubblico disattento; gli altri possono solo ascoltarlo. Musicalmente non lo si può discutere: un’orchestra di 30 elementi, gli innesti (azzeccatissimi) dell’onnipresente Roy Paci e Alessandro Stefana, un repertorio che pesca da Gino Paoli a Tenco per finire da Morricone, Buscaglione e la canzone napoletana non passano inosservati.
La post-produzione c’è e si sente, le sovrapposizioni si notano al secondo ascolto ma non viene intaccata in alcun modo la magia di un album solo nominalmente dal vivo e dunque da considerarsi quasi un’opera in studio.
Mike Patton canta i classici del pop italiano degli anni 50 e 60. La recensione potrebbe finire qui e avrei detto anche troppo. Perchè la musica estrema (di qualsiasi tipo: rumorosa, sperimentale, melodica) va ascoltata e vissuta. Il resto è rumore bianco inutile e dannoso.
“Mondo Cane” non è un capolavoro ma fa quello che promette: raccoglie per un’ora un pugno di buona poesia dei tempi andati che una volta ci lambiva ma che uno stupido vento a poco a poco s’è portato via con sè.
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2. Che notte
3. Ore d’amore!
4. 0 km al giorno
5. Quello che conta
6. Urlo negro
7. Deep down
8. Scalinatella
9. L’Uomo che non sapeva amare
10. Ti Offro Da Bere
11. Senza fine