Avete presente quelle recensioni che finiscono con un consiglio per gli acquisti à  la Maurizio Costanzo? Con questo terzo album del dj/producer tedesco Hendrik Weber il consiglio va posto qui sopra, all’inizio. Primo perchè merita, o quantomeno potrebbe, se potenzialmente avete orecchie per intender-lo. Secondo perchè, come si fosse a scuola, per comprendere ciò che segue serve avere il materiale didattico in questione sottomano. Senza, si potrebbe forse frettolosamente catalogare questo eclettico lavoro come un album di minimal techno. Sarebbe giusto? Assolutamente no. Le basi, le fondamenta, ci assomigliano in molti passaggi, i beat e i tempi pescano da quella scena, o dalla deep, ma tutto ciò che viene edificato attorno, e il modo in cui viene fatto, è molto di più. C’è un lavoro di concetti che parte da ben più lontano, lo stesso titolo ne dà  ovviamente l’interpretazione più importante.

Il rumore nero è un suono in natura impercettibile all’uomo che, si dice, annunci una catastrofe. La quiete prima della tempesta. Se vogliamo infilarci i sandali del filosofo greco, il paradosso che ne scaturisce è quello del ‘musicare’ un suono impercettibile, partendo dal presupposto che ogni suono è musica. Ecco che il largo ricorso all’utilizzo di field-recordings effettuati in una vacanza, che ha dato vita a questo progetto, sulle Alpi Svizzere, fa tornare i primi conti. Ogni traccia infatti si apre con una registrazione di suoni e rumori, che compiono una metamorfosi costante lungo tutta la durata del ‘percorso’. Si parte con “Lay in a Shimmer” che alla confusione iniziale di una folla di persone fa incedere un’atmosfera ambient di campane e glockenspiel soffuse che si trasformano in un groove di cristallo. “Abglanz” con i suoi fruscii e disturbi continui, si poggia su percussioni legnose e giri di basso sintetici. Basso che prende in mano nell’episodio successivo Tyler Rope (Lcd Soundsytem e !!!) e la mano si sente sui battiti minimal di “The Splendor”. Ma non è l’unica collaborazione, visto che subito dopo la voce, looppata magistralmente su diversi strati, di “Stick to My Side” è di Panda Bear, degli Animal Collective. Ne viene fuori la canzone più “Pop” dell’album, se ha significato parlare di pop per questo lavoro complicato e celebrale.

I synth e il groove simili a qualcosa dei Soulwax di “A Nomad retreat” invece ci conducono, sempre con gran classe e ispirazione, ad una parte più danzereccia di Black Noise. Che continua con la sonic house (definizione data dallo stesso Weber) di “Satellite Snyper”, dove si può intravedere la lezione di maestri come Carl Craig, ma sempre restando fedeli alla forte personalità  della musica di Pantha Du Prince. Chiude la fase da club la ciliegina sulla torta, “Behind the Stars”, che distorce i loop e i beat Detroit techno con la stessa arroganza della voce stile Kraftwerk che ci sublimizza sopra. Balla! Il transito di “Bohemian Forest” paga il prezzo di introdurre una della tracce migliori del disco, quella che apre un terzetto finale che ritorna a contaminarsi di ambient ed evocazioni uniche. “Welt Am Draht” sembra idm, se non fosse per il ritmo preciso e quadrato che inchioda le ariose atmosfere eteree riprese dalla breve esperienza ultraterrena di “Im Bann”. E con il mantra di campanacci in”Es Schneit ” arriviamo alla ipnotica conclusione di questo viaggio visionario. Un qualcosa che rimane unico e personale nonostante le forti e svariate contaminazioni che creano paesaggi ricchi di antitesi che convivono perfettamente assieme.

Indubbiamente Pantha Du Prince si conferma, in prospettiva, come uno dei migliori esponenti della scena elettronica mondiale. Per la camicia coi baffi, leggere l’incipit.

Black Noise
[ Rough Trade – 2010 ]
Similar Artist: The Field, Sasha Funke, Gui Boratto
Rating:
1. Lay in a Shimmer
2. Abglanz
3. The Splendour
4. Stick to My Side
5. A Nomads Retreat
6. Satellite Sniper
7. Behind the Stars
8. European Forest
9. Welt Am Draht
10. Im Bann
11. Es Schneit