Ci sarebbe da costruire una statua a Mark E. Smith, se si potesse. Magari nel futuro più remoto possibile, speriamo, ma sarebbe da farlo. Come fa una band (o meglio Mark E. Smith e chi gli sta intorno in quel preciso periodo) ad arrivare alla ventottesima pubblicazione e a tenere un livello qualitativo alto, almeno al punto di soverchiare gran parte delle nuove uscite? I Fall ci riescono, e sono trentaquattro anni che ogni due per tre tirano fuori il disco che ti fa rimanere incollato allo stereo per tutta la sua durata.
Dando per scontato che si sappia chi siano i Fall (in poche parole: una delle pietre miliari/fondanti del post-punk, come lo conosciamo oggi e si consiglia vivamente la raccolta della Sanctuary “50.000 Fall Fans Can’t Be Wrong” del 2003), “Your Future Our Clutter” arriva a due anni di distanza da “Imperial Wax Solvent”, il secondo disco con la nuova line-up ‘made in UK’, dopo la dipartita dei musicisti statunitensi che circondavano Smith nelle opere prossimamente precedenti a quella del 2008. Ed è un disco decisamente a fuoco, che segue l’andamento delle produzioni più efficaci dei Fall: sezione ritmica serrata, tastiere mai invadenti e il “‘bel biascicare’ tipico di Smith.
A partire dalla jam iniziale con “O.F.Y.C. Showcase” e la furiosa “Bury Pts. 1+3”, ad anticipare la più ariosa e melodica “Mexico Wax Solvent”. In “Cowboy George” fanno capolino i Daft Punk con campionamenti di “Harder Better Fast Strong” su una base semi-country, ma riadattata alla maniera dei Fall. Uno dei pezzi più sorprendenti del disco. “Hot Cake” riporta al passato della band, con la sua brevità e concisione. La seconda parte del disco si apre con l’interludio “Y.F.O.C. Slippy Floor” ad anticipare l’oscura e magnetica “Chino”, una riflessione di Smith sul proprio futuro. Come ha tenuto a precisare Smith questo è uno dei dischi più personali dei Fall, non un tirare le somme, ma poco ci manca.
Chiudono il disco la cover di Wanda Jackson “Funnel of Love” e “Wather Report 2”, con l’emblematico verso finale: You don’t deserve rock’n’roll.
Però ti prego Mark i Fall li meritiamo, per altri dieci, cento, mille anni.