Il passaggio di Sage Francis alla Anti- ci porta in dote un disco davvero da incorniciare. “L(i)fe”, il quarto per il rapper-poeta di Rhode Island, è un disco che prima di tutto vanta collaborazioni di primo piano: la band che accompagna Sage è formata da membri dei Califone, i brani sono composti con l’aiuto di gente come Jason Lytle dei Grandaddy, Chris Walla dei Death Cab For Cutie e il mai troppo rimpianto Mark Linkous degli Sparklehorse. Senza dimenticare lo zampino di Yann Tiersen nel finale. Quindi indie-rock-hip-hop? Se vogliamo, ma con tanta anima che trasuda da musica e testi.
è questo un grosso punto di forza di “L(i)fe”, il fatto che Sage ha catalizzato la sua attenzione sulla liricità delle sue composizioni, lasciando agli illustri ospiti il compito di far muovere degnamente la musica. Basta ascoltare l’incipit con “Little Houdini” e il suo arrangiamento reminiscente (appunto) dell’esperienza di Lytle con i Grandaddy o la conclusiva “The Best of Times” e il suo testo da incorniciare e fare imparare alle scuole elementari.
Il centro dell’obiettivo rimane quindi la capacità di Francis di trasformare musica in poesia, una poesia incentrata sulla sua vita, sul ruolo della religione dentro essa, sui dolori inevitabili. Se il tutto viene poi accompagnato dal blues leggero di “The Baby Stays” o il pop stupendo del chorus di “Love The Lie”, tanto meglio.
Raramente i pezzi non colpiscono a pieno (forse la terza traccia “I Was Zero”) e non saremo ai livelli di “A Healthy Distrust”, ma ormai Sage Francis è una gran bella garanzia.
Credit Foto: Anthony St James