Voglio il mondo perfetto, fatto di dischi perfetti, melodie scintillanti, stelle comete e prati a perdita d’occhio. Datemi una bibita fresca, un pò di brezza bagnata di mare e le mezze stagioni perenni. L’autunno che sfuma nella primavera e viceversa. Ciclicamente. E in questo mondo ideale non è necessario che il linguaggio pop sia portato all’estrema bellezza di un “Hunky Dory” di Bowieana memoria, oppure che il rock sia trasfigurato in capolavoro senza tempo come “New Adventures In Hi-Fi” dei R.E.M. .
>Sono altri pianeti e io ne bramo anche i satelliti, più piccoli e a loro modo altrettanto perfetti. Voglio che le grandi storie si intreccino con piccole digressioni sul tema principale, che le grande strade si intersechino con piccoli sentieri sterrati che costeggiano le colline e finiscano nel microcosmo delle piccole storie. Voglio i grandi attori e quelli secondari, voglio anche le comparse.
Voglio Paul Hiraga, aka Downpilot, che in “They Kind Of Shine” diventa il satellite perfetto. Un disco formalmente ineccepibile, in alcuni punti emozionante ed in altri discreto compagno di ventura. Paul si dichiara apertamente ispirato al McCartney solista ma, ditemi voi, chi ad oggi nel linguaggio del pop può dichiararsi immacolato in tal senso? Le canzoni omaggiano l’ex Fab Four ma non solo, posseggono quel tocco di americanismo che ha fatto la fortuna di cantautori del calibro di Grant-Lee Phillps ed hanno il dono della leggerezza. Il cielo sarebbe più povero senza i suoi astri, allo stesso modo la musica sarebbe un terreno molto più arido senza i suoi piccoli satelliti. Dischi come questo ci rendono quotidianamente dei novelli Buzz Aldrin alla scoperta di nuove ed improbabili Lune.
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