Quindi è tutto finito?

Siete davanti al televisore e guardate l’incontro del vostro pugile preferito e ad un certo punto un montante veloce e potente, uno di quelli che non vedi arrivare, lo colpisce proprio sotto al mento. Lui va al tappeto e voi sapete già  che non si rialzerà  da quella pozza di sudore e speranze. In quei dieci secondi che passano lentamente come nei film capite che non c’è più molto da fare. Spegnete la tv ancor prima che l’arbitro annunci il k.o. in maniera definitiva perchè la faccenda vi brucia troppo.
Ecco. Qui siamo in quei dieci secondi.
Fanculo, era anche prevedibile comunque.
è invecchiato parecchio mentre il mondo continuava a correre. Altro che pugile.
Cazzo.

Quindi è tutto finito stavolta, presuppongo.

Tre”…due”…uno e via indietro nel tempo.

I stand accused
Just like you
for being born without a silver spoon.
Stood at the top of a hill
Over my town
I was found

Un ragazzo pallido e magro dalla collina della sua città  nel nord dell’Inghilterra riesce finalmente a far arrivare il suono della sua rabbia repressa, fino a raggiungere la spina dorsale del mondo intero. Qualcuno comincia ad accorgersi di un talento fino ad allora riservato solo a pochi.
1995.
“This Is Music!” Pensano in molti.

Sul sito personale di chi scrive, sotto la voce “eroi” compare, tra gli altri, anche il nome di Richard Ashcroft. Poeta, visionario, brillante talento vocale e compositivo, con un intuito pop-rock sicuramente al di sopra della media.

Ogni volta che qualcuno mi chiede quale sia la mia canzone preferita io dico “History” dei Verve, perchè non esiste un’altra ballata che riesca a parlarmi delle sensazioni dell’essere umano in modo così nitido e chiaro. Sembra che le nuvole se ne vadano a giocare altrove in un colpo solo. Dentro c’è Wiliam Blake e ci sono i violini e una sana dose di quell’ autodistruggersi in modo romantico e assoluto. Domanda: Esiste una canzone degli anni novanta con un testo più bello e sentito di quello scritto per “History”? Risposta: A parere personale con molta probabilità  no.

Sono dieci anni che il talento visionario che portò alla luce gemme psichedeliche e rock del calibro di “Blue” o strazianti canzoni, lente, perse nell’aria, come “See You In The Next One”, oscilla tra l’onesto singolo radiofonico e qualche (raro) ritorno alle atmosfere degli anni novanta. Se il primo disco da solista di Ashcroft (“‘Alone With Everybody’) conteneva parecchia roba ‘raffinata’ in termini di pop music, con il passare degli anni, la cosa si è spostata sempre più verso la normale canzone pop-rock, pulita pulita, con dietro una base ritmica catchy, ritornelli facili, appelli al Signore e chitarre che “riempiono” ma non “creano”, non ‘tagliano’. C’è il nome e quello basta, il più delle volte, e la cosa è triste. Da “Check The Meaning” a “Break The Night With Colours” di singoli belli ce ne sono stati parecchi, ma siamo su un altro livello, sicuramente meno ricercato nel suono, dove la produzione e il missaggio contano più del vero contenuto. Il tutto risulta poi poco ispirato nella stesura dei testi, vero punto fondamentale della musica dei Verve. Non si puó mettere a paragone una “Weeping Willow” o una “Make it til Monday” con “Why Not Nothing?”. Due anni fa Nick McCabe ha provato a ridare vita a un sound che, ormai, sembra morto e sepolto e “Forth” in fin dei conti è uscito fuori un dischetto per lo più inutile (mentre le sessions messe on-line prima della registrazione dell’album erano valide, ma ovviamente in seguito il tutto è stato ripulito per far contenti tutti, discografici in primis).

Prima c’era la malinconia del primo disco, la rabbia drogata ed elettrica del secondo, il compromesso perfetto tra rock, psichedelia e pop del terzo. Da un bel po’ di anni a questa parte ci sono le bollette da pagare, i bambini da mandare a scuola, la giacca dello stilista e gli occhiali da sole anche quelli obbligatoriamente griffati.
Eppure ci avevo creduto: guardando entrare Richard Ashcroft sul palco di Glastonbury nel 2008 con McCabe e gli altri a seguire dietro, la cosa mi aveva fatto sperare. Non solo; ascoltando quella che è una delle più belle canzoni di sempre interpretata come dovrebbe essere interpretata, lasciandomi cullare dai violini, ero sicuro che ‘il fuoco era tornato a bruciare’ (www.youtube.com/watch?v=3GnWRjoP9mQ ) .

Invece?
E invece il nulla. Su questo nuovo progetto c’è davvero poco da dire. Ashcroft è accompagnato da una band chiamata United Nations Of Sound e il disco è annunciato al mondo dal singolo “Are You Ready?” (dove ci si domanda se siamo pronti per il ritorno del Signore sulla terra), con tanto di “C’mon people I am here in Babylon waiting for the day”: una canzone allegra, pompata in produzione e riempita da violini e un sound perfetto per quando vai a fare un bella corsa nel parco (e infatti nel video Richard corre e si allena). Visto in quest’ottica il disco è perfetto: semplice, diretto, quattro accordi e quella voce che ti è sempre piaciuta così tanto e che ora raschia anche di più dopo parecchi anni. Le tracce che seguono ricalcano clichè e cose già  proposte e sentite anche proprio nei precedenti dischi da solista. Canzoni che dicono di vivere e quanto sia bella la vita e poi ancora vivere a amare e… insomma avete capito. Richard Ashcroft era da monumento con i Verve perchè in un modo strafottente e maledetto ti diceva che la vita fa anche schifo, ti sbatteva in faccia tutte le ragioni, ti diceva che ci sono altre cose da cercare. Continuare a cercare, viaggiare, interpretare i sogni: andava in profondità  nei concetti, non si fermava al fatto che “La Vita E’ Bella”.
Ma dove cazzo siamo?! In un film di Benigni?
Il problema è che questo è troppo poco, troppo distante dalla vera buona musica che il signor Ashcroft ha prodotto. E rimanendo in tema di produzione il tutto è stato affidato a No ID (che ha aiutato Jay Z in un paio di singoli l’anno scorso) e la cosa la dice lunga sul cambio improvviso di direzione.

Questo non è un brutto disco e secondo me questa non è neanche una stroncatura, perchè per me questo disco semplicemente non esiste. Questo è solo un brutto sogno e forse adesso mi sveglio e i Verve saranno in studio di registrazione con Owen Morris a spaccare vetri e drogarsi prima di dar vita a un capolavoro di canzone verso le cinque del mattino.
No.
Questo disco è semplicemente un’ingiustizia. Una cosa non spiegabile se non con il bruttissimo termine del fatto “tanto per”. Questo prodotto rappresenta per gli amanti dei Verve della prima ora e, perchè no, anche per quelli che li hanno scoperti e apprezzati con “Urban Hymns”, dopo “Urban Hymns”, una presa in giro, un pesce d’Aprile fuori tempo massimo.

Quindici anni dopo quell’urlo così affascinante”…
“Is this music?” Si domandano in molti.

Spegnete il televisore e andate a farvi un giro”… .
“‘Fanculo ai pugili suonati.

  • Website
  • MySpace
  • BUY HERE
United Nations Of Sound
[ Parlophone – 2010 ]
Similar Artist: il secondo dopo che Baggio sbagliò il rigore nella finale mondiale del “’94
Rating:
1. Are You Ready
2. Born Again
3. America
4. This Thing Called Life
5. Beatitudes
6. Good Lovin’
7. How Deep Is Your Man
8. She Brings Me The Music
9. Royal Highness
10. Glory
11. Life Can Be So Beautiful
12. Let My Soul Rest