Se alla coppia Mariam Wellentin –Andreas Werliin, in arte Wildbirds & Peacedrums, viene automaticamente associata quella che nella sua scarnificazione può essere definita una formula pop, accattivante seppur essenziale, al terzo lavoro del prolifico duo sembra di avvertire un cambiamento rilevante.
“Rivers”, nato dall’unione di due EP pubblicati a maggio 2010, vede dividersi al suo interno come l’immagine a specchio di copertina: una separazione sostanziale tra la prima parte dell’album relativa all’EP “Retina”, registrato in Islanda in collaborazione con la Schola Cantorum di Reykjavàk, e la seconda, “Iris”, contraddistinta dalla varietà di percussioni tipica della coppia, su cui si eleva incalzante la presenza dello steel drum, tamburo caraibico dal riconoscibile suono acuto e vibrante.
Dunque non vi è alternanza, i due componenti sono divisi in maniera certosina, a stimolare nell’ascoltatore la formulazione dei propri giudizi in merito. La complessità degli arrangiamenti e la sovrapposizione di diverse formule strumentali (compresa quella corale) fanno di “Rivers” un punto d’arrivo per i due svedesi, senza tuttavia rinunciare a marchi di fabbrica come le articolate trame percussive e l’austera impostazione vocale di Mariam.
“Bleed Like There Was No Other Flood” e la sua ouverture corale aprono la prima metà dell’album; la componente ritmica e il canto di Mariam seguono le trame vocali in maniera fluida, differentemente da “Tiny Boles In This World”, in cui il ritmo sincopato della batteria in disaccordo con la linearità delle voci produce un effetto piacevolmente spaesante. La religiosa “Under Land And Over Sea” e le pulsazioni di “Fight For Me”, meravigliosa nei suoi intrighi corali e nell’impostazione vocale della Wellentin, sempre all’altezza della situazione, conducono al termine di “Retina” con “Peeling Off The Layers”. Una pausa marcata segna l’inizio della seconda metà , l’atmosfera si fa differente: l’intro di steel drum di “The Wave” marca il territorio di “Iris”, l’assenza del coro incoraggia ulteriormente la prova vocale della cantante. Le successive “The Drop” e “The Lake” richiamano le sonorità dell’esordio, mentre la bellissima “The Course”, forse per la momentanea assenza dell’opprimente steel drum, porta il duo in territori inesplorati. Termina con le percussioni epilettiche di “The Well” un capitolo fondamentale per il percorso del duo, finalmente pronto a proporre qualcosa di distante da quanto fatto in cinque anni di attività .
2. Tiny Holes In This World
3. Under Land And Over Sea
4. Fight For Me
5. Peeling Off The Layers
6. The Wave
7. The Drop
8. The Course
9. The Lake
10. The Well