My Jerusalem
Gone For Good

La verità  è che di questi album, uno simile all’altro, ne abbiam pieni scaffali interi: da artisti e gruppi nati un giorno ed eclissatisi il giorno dopo, a suoni e riferimenti noti che ci fanno immancabilmente chiedere: ma non è simile a…?

Loro non sono da meno e ascoltarli con la sensazione che sullo sfondo di alcuni pezzi ci sia il fantasma, l’ombra e l’influenza degli Arcade Fire mette un po’ di timore che si tramuta in una condizione mentale strana, la peggiore quando ascolti una new entry: sai cosa vorresti ascoltare ma ti accorgi dopo pochi minuti che è un fuoco di paglia.
Fare proprie le sonorità  tipiche che appartengono ad altri (indiscutibili e inattaccabili quelli che ho citato prima) è un’abilità  rara e un talento che pochi riescono a sintetizzare nella propria espressività , sia in fatto di composizione che di originalità  negli arrangiamenti.

è un buon esordio ma hanno mancato il bersaglio di poco: “Gone For Good” è ben suo nato e orecchiabile, non annoia ma non brilla.
La linea melodica che caratterizza buona parte dell’album dei My Jerusalem è segnata da violini e fiati arrangiati per scortare una voce bassa e fitta: rimbomba in tutte le parole e in tutti gli urli velenosi che esplodono in una delle canzoni che più delle altre ‘resta’ della loro playlist, “Sweet Chariot”, ballata efficace e ben interpretata.

Brani musicalmente buoni e a tratti esplosivi segnati proprio da quest’accostamento dolce-melodico dell’arrangiamento e graffiante-velenoso della voce di Jeff Klein, folletto noto per le sue svariate collaborazioni con nomi e gruppi di spicco d’oltreoceano: da Ani di Franco e Mark Lanegan a Twilight Singers e Gutter Twins, gruppi da cui provengono altri due componenti della band, il chitarrista Dave Rosser e il batterista Cully Symington.

Potenzialmente bel progetto ma per ora non colpisce, non rimane, non sfonda.
Peccato.

Ascolta “Sweet Chariot”