è oramai il caso di dimenticare i primi entusiastici album dei Clinic, con tutto il loro revivalismo post-punk. Da due album a questa parte, “Visitations” e “Do It!”, il quartetto di Liverpool si era ormai assestato su un sound più raffinato e più affine ai Magazine che non ai Gang of Four o i Fall. “Bubblegum” va ancora più a fondo e, in un certo senso, lancia i Clinic definitivamente dall’altra parte della barricata, alla ricerca di un sound ‘pop’ elaborato e che, sonoricamente, tende a non lasciare nulla al caso.
Riverberi e vocalizzi sono la spina dorsale del primo singolo “I’m Aware”, piazzato in apertura, seguito da una title track che rimette in campo organo e chitarre lievemente distorte, reminiscenti più che altro di un sound psichedelico fine anni ’60-inizio ’70. Anche la batteria non si spinge più di tanto in là , tenendo sempre un ritmo uptempo, come anche nella terza traccia “Baby”. Il problema di “Bubblegum” è che, dopo gli sperimentalismi post-punk di “Lion Tamer” e “Linda”, ci si comincia a cullare un po’ troppo nell’autoreferenzialità con le prescindibili “Milk & Honey”, “The Radio Story” e “Forever”.
Si rialza la cresta nel finale con lo strumentale latineggiante “Un Astronauta En Cielo” e con un ritorno ai “vecchi” Clinic in “Orangutan”, ma il difetto è essenzialmente quello che “Bubblegum” è un disco che scorre come se nulla fosse accaduto. Ben poco rimane in testa e la noia spesso prende il sopravvento, trasformando la musica dei Clinic in possibile mero sottofondo mentre si legge un libro o si fa qualunque altra attività . Peccato perchè almeno fino a quattro anni fa era tutta un’altra storia anche se un leggero calo in una discografia di sei anni è più che comprensibile. Rimandati.
Credit Foto: Rhian Askins