La seconda parte della classifica:
Posando la lente di ingrandimento si scopre di aver ascoltato un’opera che segna la fine di un’epoca per poter, forse, guardare al futuro dal prossimo disco. Una sorta di “The Best Of” reinventando i brani, cosa che mi sembra molto più nobile come intento. Senza guest stars cui pagare tributo, Tom Rowlands ed Ed Simons reinterpretano la loro carriera e la musica cui si ispirano in un album senza scopo di lucro, come testimonia il minutaggio poco radiofonico dei brani. (Bruno De Rivo)
Ascolta Swoon |
Il 2010 è stato senza alcun dubbio l’anno dell’hypnagogic-pop, della witch house e, di nuovo, del dubstep. Ma anche l’anno in cui quest’ultimo è morto e subito rinato sotto mille vesti, nuove mescolanze e mutazioni di ogni tipo. I Vex’d non sono stati certo a guardare, e hanno sfigurato il suddetto genere fino a renderlo irriconoscibile, affogandolo in un solido magma di detriti e desolazione che già è possibile assaporare da una copertina epica; la più allarmistica, ansiogena ed apocalittica che ci sia recentemente capitato di vedere: anch’essa, a mio parere, la migliore di questo anno inquieto. (Andrea Marchetti)
Ascolta Heart Space
Alla quarta fatica da solista il soul-man inglese fa centro pieno: è ancora una volta figura di riferimento per capire quali saranno le vie della black music nel prossimo avvenire, inoltre investe le proprie creazioni di una bellezza mai così assoluta (e, a dimostrazione dell’eccezionale stato di forma, il disco è stato seguito da un tour davvero trionfale, che in Italia ha fatto tappa a Bologna, per una data che ho avuto la fortuna di vedere e che difficilmente dimenticherò). (Nicolò “Ghemison” Arpinati)
Ascolta Compass
I toni si alzano con brevi innesti di musica popolare nordica, ma si spengono subito al tramonto delle sillabe della Newsom. “Occident” commuove. “Does Not Suffice” spaventa come un temporale.
L’opera è bella ma può stancare. Ben allacciata alla tradizione riesce comunque a non essere pedissequa. Ma se non ascoltata nello stato d’animo giusto, risulta non solo poco apprezzabile, ma del tutto accantonabile da un ascoltatore non disposto a venirle incontro. (Roberto Strino)
Ascolta Easy
Prendi i Primal Scream di “Screamadelica”, rendili un tantino più sperimentali, aggiungi una delicatissima voce post-folk ed il gioco è fatto. Disco dell’anno anche solo per il fatto che Caribou porta avanti questo discorso da una decina di anni e solo adesso stanno iniziando a considerarlo. (Federico “Accento Svedese”)
Ascolta Swim
Nell’album dubstep più atteso dell’anno non si trova quasi alcuna traccia di dubstep. Un dettaglio così ha spiazzato l’intero folto di fan, hypster e curiosi che lo attendeva. Ma fin da subito le dieci bellissime tracce hanno messo d’accordo praticamente tutti, forti di un spleen sonoro irresistibile, acquistato anche grazie alla sofferta voce di James Buttery. La vellutata introduzione di “In The Wings”, il lento, bellissimo crescendo di “Two Chords”, e l’emozionato finale di “When It’s Gone”, fanno di questo disco, per chi scrive, il miglior esordio dell’anno. (Andrea Marchetti)
Ascolta Gold
Il terzo disco in solitaria dei coniugi ed ex-Luna Dean Wareham e Britta Phillips è delicata meraviglia psichedelica, inquieta e avvolgente, ma non solo: è la bellissima celebrazione di un sound chitarristico che è partito da New York quasi cinquant’anni fa (proprio dalla Factory di Andy Wharol) e ancora riesce ad essere acido e romantico, intimo e disturbante, fresco oggi come allora. (Nicolò “Ghemison” Arpinati)
Ascolta Ann Buchanan Theme
Suoni stridenti e granulosi, bassa fedeltà , garage, psichedelia, protoshoegaze”…tutto già sentito direte voi.
Forse. Eppure i Crocodiles riescono a suonare freschi e convincenti. Spiagge notturne sporche di catrame e sangue, sogni metropolitani sfregiati da ricordi di tramonti ubriachi”…i Beach Boys che fanno a sberle con Palahniuk (per citare un mio collega). Sonnecchiare per sempre prigionieri di un’estate sbagliata. (Luca “Dustman” Morello)
Ascolta Mirrors
Una sorpresa incredibile. Gli unici in grado di riportare nel 21esimo secolo qualcosa di verosimilmente ’60s quest’anno. Dove i The Coral sembrano contraffatti e i CYHSY non rispondono all’appello, ecco i Woods a mixare i Talking Heads con Question Mark e The Zombies. (Roberto Strino)
Ascolta Blood Dries Darker
Come un falco nella notte questo album noir, di swing metropolitani dal retrogusto di sigaro e bourbon d’annata, si abbatte su di voi prima che ve ne possiate rendere conto. Isobel ed il suo prezzemolino Mark Lanegan vi conquisteranno con melodie struggenti e voci suadenti alla Tom Waits tenute insieme da strumentazioni essenziali e garbate.
Non avrei mai pensato che un disco del genere potesse finire in una top ten. Ma come disse quel tale ‘mai dire mai’. CONQUISTABILE (Bruno De Rivo)
Ascolta Sunrise”
Inaudito. E’ il termine più adatto per queste schegge impazzite di dub, psichedelia, hip-hop, rock, punk, musica orientale, soul e chi più ne ha più ne metta che è questo “A Sufi and a Killer”. Titolare delle musiche: Gaslamp Killer; suo singolare interprete: Gonjasufi alias Sumach Valentine, trent’anni, pelle olivastra, dreadlocks, di San Diego ma trapiantato nel Mojave, che sembra aver trovato la salvezza attraverso Yoga e meditazione, dotato di una voce roca, al catrame, ma soulful allo stesso tempo. Pazzesco. (Paolo “Barocciga” Nuzzi)
Ascolta Ancestors
Un disco imperfetto, ma che sprigiona passione da ogni nota, quella passione che ci fa tanto amare la musica e che ci fa venire voglia di stare sotto a un palco a cantare, saltare e sudare. Ben vengano i dischi che fanno provare questa sensazione. Ben vengano i dischi dei Gaslight Anthem, ora e sempre. (Cristina Bernasconi)
Ascolta Old Haunts
Questo 2010 verrà ricordato per tante cose, non ultima il ritorno di un grandissimo sopravvissuto dei seventies e cappellaio matto di una delle più grandi formazioni di rock psichedelico di tutti i tempi: I 13th Floor Elevators. Rocky Erickson è vivo e lotta insieme a noi con i fidi Okkervil River a fargli da spalla in queste dodici toccanti e avvolgenti confessioni in musica a cuore e mente aperti. Mai un disco è stato così fortemente umano e catartico allo stesso tempo. Da amare senza riserve. (Paolo “Barocciga” Nuzzi)
Nell’ Italia in cui i gruppi continuano a proporsi uguali dopo anni di carriera, in cui persino i ritorni con la scusa della coerenza si rifiutano d’innovare, bisogna erigere un monumento alla creatura di Davide Toffolo: abbandonato il punk leggero degli esordi e ormai in perenne evoluzione da anni, coronano il percorso con questa inedita svolta dub, coraggio e ipnosi a pacchi, neppure fossimo in periodo wave. (Nicolò “Ghemison” Arpinati)
Difficile tenere Kozelek fuori dalle classifiche e dal cuore. Ogni nuovo disco dei Sun Kil Moon, per quanto prevedibile, è una pioggia di profonda malinconia. Un lento progredire verso le sensazioni più autunnali e intime dell’animo. Inverno interiore e brividi a fior di pelle. Ancora una volta. (Enrico “Sachiel” Amendola)
Ascolta Alesund
Scuba sta a Hotflush Records come Kode9 sta a Hyperdub. Evoluzione. Un mostro che dieci anni fa nacque nel sottoborgo di una Londra vibrante oggi continua a muoversi, crescere, incrociandosi con altri mostri di altri luoghi ed altri tempi. Scuba e la sua cricca rappresentano questo: evoluzione infraculturale, “Triangulation”. (Alessio “MPeat” Miseri)
Ascolta You Got Me
Neil Hannon esprime l’eleganza del britpop come pochi ormai sanno fare. La macchina dei Divine Comedy è composta da ingranaggi perfetti fatti di ritornelli killer, sovrastrutture sinfoniche e architetture barocche che non sfociano nel kitsh. “Bang Goes The Knightood” è il capitolo pop che più mi ha conquistato negli ultimi dodici mesi. Un immaginario colorato come un caleidoscopio giocattolo. (Enrico “Sachiel” Amendola)
Ascolta At The Indie Disco
I fratelli e cugini Followill hanno forse scoperto la pozione magica che cancella l’imprinting temporale dalle registrazioni moderne. In pratica un disco senza tempo nè epoca. E’ davvero una virtù quella di astrarre un prodotto dal tempo in cui si colloca. Specie quando tutto sembra molto volatile, la musica è liquida, tutto si sfiora ma non lo si afferra mai. AFFERRABILE (Bruno De Rivo)
Il quinto album in studio degli I Am Kloot si intitola “Sky At Night” e, tanto per levarci il dente subito, sfiora il capolavoro. La produzione segue di tre anni esatti la pubblicazione di “I Am Kloot Play Moolah Rouge”. Manchester è sempre un fermento di idee, di ispirazione, frustrazioni e rabbia che sfociano in poesia o in notti passate tra alcohol e sogni infranti. Stavolta però scordatevi le chitarre elettriche e le sovraincisioni in primo piano, niente wall of sound, niente voci che raschiano e casse al limite del collasso, niente ritmi che si avvicinano alla musica da discoteca. (Giovanni “giov” Venditti)
Ascolta Proof
“Dei Cani” non è evidentemente un disco per tutti, molti troveranno irritante l’adagio sul rimpianto e la mestizia per gli anni che passano, sai la novità , ma quelli che lo ascolteranno da fan o che lo incroceranno per caso non potranno fare a meno di arrendersi alla sua delicata modestia, e indugiare nei suoi quaranta minuti di perfetta consolazione. (Claudia Durastanti)
Considerando i magri esiti dei predecessori, Kazu Makino intrappolata in un synth suona meglio che con il basso al collo. Le sonorità , a metà tra i temi di Badalamentiana memoria e le armonie retro-trash della Italians Do It Better Records donano nuova giovinezza al gruppo, che con la doppietta “My Plants Are Dead” e “Love Or Prison” riesce ad abbattere anche il più impavido dei nostalgici del Sonic Youth sound. (Marco D’Alessandro)
Ascolta Here Sometimes
Non poteva esserci ritorno migliore per l’ensemble conogolese , titolare di una musica primitiva, ancestrale ma allo stesso tempo incredibilmente moderna. Protagonista assoluto, il likembe, mirabile pianoforte a pollice della regione sub-sahariana dal suono tintinnante, ipnotico, che trasporta l’ascoltatore in un limbo di sogni e visioni lisergiche in multicolor, come in preda agli effetti devastanti dell’acido. Musica immortale, senza tempo e senza spazio, da sprofondarci dentro. (Paolo “Barocciga” Nuzzi)
Ascolta Assume Crash Position
Non Voglio Che Clara, Baustelle, Tre Allegri Ragazzi Morti, Perturbazione. Quattro band che in questo 2010 hanno dato ossigeno alla musica italiana che più mi piace, quella che non strizza l’occhio a nessuna finta rivoluzione da circoletto, lontana anni luce da mode e retorica stantia. In classifica, però, ci vanno i Virginiana Miller, perchè confezionano un album riuscito, policromo, traboccante di poesia, quasi perfetto. Ma più di tutto ci mettono il cuore e, a noi, queste cose commuovono sempre.
Caciucco rules.(Giuseppe “Joses” Ferraro)
Stavolta hanno esagerato: i titoli che si uniscono e formano una frase di senso compiuto, le liriche come fiumi in piena ricche di metafore e citazioni/autocitazioni, esperienze extracorporee, magia nera e magia bianca. Tutto racchiuso in un disco che è magma puro dove le rivelazioni più intime si fondono con gli scoppi di rabbia più duri; un disco difficile, in cui perdersi e dal quale venire frastornati. La via di Napo e Rico al rap non è certo controcultura, semmai è controvita.(Gianluca Ciucci)
Ascolta Permettendomi Artifici Spontanei
Se il mondo fosse più bello tanti giovani ascolterebbero lui e non qualche altro “cantautore degli anni zero” oramai in fase (artistica) più che discendente. Un Captain Beefheart della canzone italiana, tutto e il contrario di tutto, sampler, spoken word, testi che sono davvero il riflesso di questa Italia grigia. (Emanuele “kingatnight” Chiti)
Ascolta Il Sesto Stato
La seconda parte della classifica: