Styrofoam è un progetto che risponde al nome di Arne Van Petegem, mente che ne decide le sorti e le caratteristiche in maniera piuttosto determinante, visto che tutto ciò che sentiamo viene dalla sua testa. “Disco Synthetizers & Daily Tranquilizers” è un album che cavalca l’onda del momento, così come tutti i lavori passati di uno degli ‘indie acts’ più celebri del panorama belga, sempre piuttosto impegnati a seguire le mode un po’ per opportunismo un po’ per inscenare un’evoluzione che in realtà è più un tentativo di adattamento.
Si sedimentano però all’interno di questo disco tutti i passi della principesca ascesa al successo, diventando un unico blocco praticamente indistinguibile di elettronica dall’animo pop ma che assume quell’aspetto che, associato all’abusatissima etichetta glitch, si può anche definire con una certa presunzione indietronica.
In questo album sono rimasti da parte quasi tutti i sintomi dell’hop e del synth-pop, anche se ricorrono in certi passaggi come poi si spiegherà più approfonditamente. Le scelte a livello di sound si concentrano bene o male su un’elettronica più ‘da classifica’, niente di particolarmente underground, come una parte consistente della produzione indie vuole far credere sia indispensabile, perciò pulitissimo, altamente digitalizzato e che fa un utilizzo enorme di synth modernissimi e pattern di batteria che starebbero sicuramente bene in brani dei Daft Punk o dei Chemical Brothers. Sotto però c’è una coltre di new wave, soprattutto nei testi (che a volte sembrano molto “random”), e in alcuni arrangiamenti di sintetizzatore, più in generale nelle melodie (vedi “Am I The Ghost”), che si interpretano meglio esaminando le rare chitarre à -la-New Order (ad esempio nel blocco centrale di “Extra Careful”). Brani come “Carolyn”, “Get Smarter” e “Believe Everything” sono di un’orecchiabilità spaventosa, che dimostra gli intenti commerciali di adattamento ed opportunismo di cui sopra, ma che comunque confermano anche la duttilità della vena compositiva di Van Petegem. Lo stesso viene attestato da un brano particolarmente eighties come “Kids On Acid”, che cantato da Dave Gahan sarebbe senz’altro una hit dei Depeche Mode passati, ma con alla chitarra Philips Cunningham (se lo paragoniamo alle band di oggi sembra esattamente una canzone dell’ultimo disco dei Franz Ferdinand, con tanto di timbro vocale molto simile a quello di Kapranos).
E come stavamo per dire, sono proprio gli anni ottanta e la new wave a fare da imprescindibile sfondo e chiave di lettura a tutto il disco, anche quando scivola nell’esagerazione dance di “What’s Hot (And What’s Not)”, il pezzo che più di tutti dimostra come comporre un genere più ballabile sia facilissimo per un professionista come Arne, ma che evidentemente sia proprio questo approccio ad indebolire il disco.
Di per sè l’album è molto carino: le aperture melodiche anni ottanta ricordano molto il miglior synth-pop sporcato di dark e new wave, il songwriting è più che buono, mai troppo complesso nè troppo curato, però abbastanza genuino da creare un prodotto appetibile ai più. Le virate più radiofoniche però creano un’intuitività dance che mina la qualità generale del disco, creando una scappatoia per poter criticare gli intenti del compositore.
In ogni caso un disco che può, presumibilmente, piacere a quasi tutti e non avere niente da rimproverare a storiche band dell’elettronica (o degli ambienti glitch hop) e della new wave come l’abbiamo sempre intesa.
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2. Get Smarter
3. Extra Careful
4. Kids On Acid
5. The Only One To Curse
6. Looking Glass Two Zero
7. Mile After Mile
8. Am I The Ghost
9. What’s Hot (And What’s Not)
10. Believe Everything
Ascolta “Disco Synthetizers & Daily Tranquilizers”