Due anni separano “Blue Songs” dal primo, omonimo album degli Hercules And Love Affair, progetto new-disco capitanato dal newyorkese Andy Butler. Anticipato da una tournèe di presentazione che ha toccato anche l’Italia nonchè da un primo singolo che premette solide evoluzioni stilistiche, l’ensemble americano vede cambiare in maniera drastica il proprio cast.
Se infatti a dar voce alla prima versione del gruppo furono, su tutti, il signor Antony Hegarty privato dei suoi Johnsons e Nomi Ruiz, attualmente impegnata nel progetto Jessica Six, con tanto di imminente prima uscita discografica, in questo nuovo lavoro vediamo affiancarsi al rosso dj Kim Ann Foxman, già in prima linea sul disco di debutto, la voce black di Shaun Wright e Kele Okereke, leader dei Block Party, reduce da un abominevole disco solista.
Non solo in veste di cantante ma anche in quelle di compositore troviamo Aerea Negrot, nuovo nome della scena elettronica berlinese, prodotta dalla BPitch Control, etichetta di proprietà di Ellen Allien; l’istrionica venezuelana, sorta di Róisàn Murphy wannabe, deve la sua ascesa a una presenza scenica indubbiamente rilevante e a uno stile vocale che spazia da toni baritonali a quelli da soprano. E proprio a lei è affidata l’apertura: “Painted Eyes”, tra assoli d’archi e ritmi à la Boney M prosegue il percorso intrapreso nella prima fase del gruppo. Diverso registro per il singolo di lancio “My House”, che come da titolo antepone freddi ritmi di scuola house ’90 alla calda voce di Shaun. In secondo piano, divertenti sequenze scat ad opera degli altri vocalist. “Answers Come In Dreams” torna indietro di vent’anni, senza tuttavia raggiungere i fasti dell’esordio. “Leonora”, Boy Blue” e “Blue Song” rallentano i ritmi in, rispettivamente, un midtempo cantato dallo stesso Butler che ricorda vagamente alcune atmosfere dei primi Röyksopp, una traccia non troppo esaltante arricchita da riverberi e chitarra classica e un rilassante pezzo dalle venature esotiche.
“Falling” vede mischiare al suo interno ispirazioni funk e reminescenze house a cavallo tra gli anni “’80 e ’90, in un brano tanto banale quanto accattivante. Storia leggermente diversa in “I Can’t Wait”, dove Butler unisce le prerogative del pezzo precedente ad ipnotici intervalli chiptune., mentre in “Step Up”, cantata da Kele Okereke, e nell’eccellente “Visitor”, torna prepotentemente la dance anni ’90. L’acustica “It’s Alright” chiude in tranquillità un album valido sia sulle piste da ballo che per un ascolto più placido, confermando il talento di Butler sia in quanto compositore che come combinatore di squadre vincenti.