Trovarsi di fronte al talento, quello vero, incute timore. Quel timore reverenziale che inibisce, che ti toglie le parole e un po’ anche i pensieri, che ti lascia semplicemente questo senso di ammirazione e di gratitudine nei confronti di chi è riuscito a creare qualcosa che riesce a cambiarti anche solo la giornata. Conor Oberst, questo talento, ce l’ha.
“The People’s Key” è probabilmente l’ultimo disco della storia firmato Bright Eyes, o almeno così Conor ha lasciato intendere in interviste più o meno recenti, ed è sicuramente uno dei dischi più attesi di questo 2011. Già il solo fatto di averlo tra le mani, emoziona.
Una volta premuto play, inizia un viaggio che molti di noi potrebbero pensare di aver già fatto. Quell’introduzione, quella frase iniziale che dice “If there is no such thing as time, then you’re already there” riporta un po’ la mente a Lost e poi si prosegue in una confusione ordinata di idee e di asserzioni sull’universo, sull’umanità , sullo spazio, su altre dimensioni, su influenze extraterrestri e sull’amore. “The People’s Key” parla di tutto questo, sia nelle parti recitate da Denny Brewer (frontman dei Refried Ice Cream), sia nella parte fondamentale, ossia le canzoni. Canzoni forti e solide che colpiscono come poche altre cose sanno fare. Volendo paragonare lo stile a qualche lavoro precedente dei Bright Eyes, bisognerebbe tirare in ballo “Digital Ash In A Digital Urn”, ma ancora, non riuscirebbe a rendere l’idea. La strada acustica e molto americana di “Cassadaga” è stata abbandonata per tornare a giocare con sintetizzatori e con un pizzico di elettronica, che rendono imprevedibili canzoni fondamentalmente pop.
“The People’s Key” è pieno di momenti musicalmente ispiratissimi, di melodie che si appiccicano alla mente e di parole giuste. Ci sono “Jejune Stars”, “Haile Selassie”, “Beginner’s Mind” e “Ladder Song”, che forse non avranno lo stesso valore di un poker d’assi, ma una partita a forza quattro te la fanno vincere a mani basse. è necessario lasciar perdere le banalità , condannare qualcuno perchè ha utilizzato una progressione alla Coldplay (“Shell Games”) o per altri futili motivi è da folli. La verità è che “The People’s Key” è un disco fantascientifico che va ascoltato per davvero, perchè non c’è niente di più bello di farsi toccare il cuore da un disco.