Se il BBC Sound Of 2011 li ha snobbati relegandoli alla posizione comunitaria della classifica, il tam-tam delle testate indipendenti sta donando a questi giovani inglesi la giusta notorietà .
Esben and The Witch, ovvero Daniel, Thomas e Rachel, trio di Brighton che sta cavalcando insieme a numerosi altri l’onda dell’hype di questo primo 2011, ha tutte le carte in regola per sfondare non solo nei luoghi più underground della discografia: immaginario gothic-bucolico, gusto per il mistero, una certa reticenza al mettersi in pubblico sono solo alcuni dei tratti che costituiscono il loro fascino. Esemplare da questo punto di vista è il bel video per “Marching Song”, in cui i volti puliti dei tre ragazzi, unico soggetto ripreso in quattro minuti di video, si tumefanno di pari passo con l’incedere musicale.
Dal punto di vista sonoro, in linea con l’estetica proposta, il lo-fi, l’utilizzo di sonorità dark-industrial e il riallaccio alla scena witch-house che tanto ha attirato l’attenzione negli ultimi tempi, sono gli elementi portanti della loro musica. Le parti vocali affidate a Rachel, proseguendo gli ideali del progetto, si riallacciano a una tradizione alt-pop di matrice inglese (leggi: Kate Bush, Siouxsie, Lene Lovich, PJ Harvey e via dicendo), come a intense vocalità più recenti accumunate da uno stesso background (Florence Welch, Zola Jesus, Natasha Khan). Insomma, avete capito: se raggiungono il successo a cui ambiscono non ce li leviamo più di torno. E non è necessariamente una cosa negativa.
“Violet Cries”, come si sarà intuito, non rappresenta dunque un’ondata di novità . Tuttavia il disco, nonostante qualche punto un po’ più lento (pare che in Inghilterra usino la doppietta “Marine Fields Glow “-“Light Streams” come sonnifero per cavalli) propone una sfilza di brani più che meritevoli: dal crescendo isterico di “Argyria” e di “Chorea” al trip di “Eumenides” col suo finale dance per psicopatici, passando per lo shoegaze di “Marching Song”, le percussioni ovattate di “Hexagons IV” e la chitarra oscura di “Swans”, gli Esben assestano i loro colpi bassi senza troppe riverenze.
Raramente capita che i dischi più belli siano quelli di cui non si sentiva il bisogno, e “Violet Cries” è uno di questi.
Credit Foto: Bandcamp