Dopo giorni passati a ripetermi la stessa domanda, ancora non riesco a darmi una risposta convincente: ha senso la ristampa del primo disco omonimo dei Queens Of The Stone Age?
La risposta è sì, considerando il fatto che l’album in questione è uscito nel 1998 ed è di certo il meno conosciuto della band; la risposta è no se si guarda la tracklist, del tutto identica alla primigenia, con le sole eccezioni di tre brani piuttosto prescindibili. I titoli in questione sono “The Bronze” e “These Arent’ the Droids You’re Looking For” contenuti nel primo Ep della band, oltre a “Spiders And Vinegaroons” presente nello split che sanciva il passaggio dai Kyuss ai Queens. Per quanto riguarda il resto è tutto ampiamente conosciuto, per lo meno da quel pubblico (piuttosto ampio a dire il vero) che negli anni ha apprezzato il suono rude ma allo stesso tempo melodico delle “Regine”.
La storia è presto detta: i Kyuss, band seminale ma molto sottovalutata, alzano bandiera bianca nel 1997, così il chitarrista Josh Homme e il batterista Alfredo Hernandez danno vita alla nuova creatura, simile sotto vari aspetti alla band madre ma con una spiccata tendenza alla ricerca della melodia. Ne viene fuori un lavoro che si rifà molto al rock duro e psichedelico e al metal dei Settanta, con un pizzico di kraut ma la sensazione è di una certa mono-tonia dell’insieme. La follia sonica giungerà con l’innesto in pianta stabile del bassista Nick Oliveri, che qui si limita ad un piccolo inserto vocale, e con l’arrivo di quella straordinaria pletora di amici-ospiti che renderà possibile la stesura di opere fondamentali come “Rated R” (già omaggiato di una ristampa, quella sì molto gustosa) e “Songs For The Deaf”.
Album che tutti coloro che volessero capire a fondo il sound dei primi Anni Zero dovrebbero ascoltare. Poi chi fosse davvero rapito da quello che è stato ribattezzato desert-rock, potrebbe ascoltare pure questo “Queens Of The Stone Age” per capire come tutto ebbe inizio e, perchè no, anche “Lullaby To Paralyze” per sapere come è andata a finire. “Era Vulgaris” no, lasciate perdere, sarebbe necrofilia.
Credit Foto: Antje Naumann (AllSystemsRed) / CC BY-SA