Vintage è un attributo che definisce le qualità  ed il valore di un oggetto prodotto almeno vent’anni prima del momento attuale e che può altresì essere riferito a secoli passati senza necessariamente essere circoscritto al Ventesimo secolo. Gli oggetti definiti Vintage sono considerati oggetti di culto per differenti ragioni tra le quali le qualità  superiori con cui sono stati prodotti, se confrontati ad altre produzioni precedenti o successive dello stesso manufatto, o per ragioni legate a motivi di cultura o costume.”

Ecco, basterebbero queste 5 righe e 3 parole per descrivere l’album di “debutto” di Miles Kane, se non fosse che una recensione per essere tale prevede un commento, più o meno imparziale, del contenuto. Io però più di tanto non riesco ad esserlo parlando di Miles Kane. Egli appartiene a quella schiera, dal sottoscritto “venerata”, di nuovi cantautori inglesi che cercano di riportare il brio sixties in questi tempi in cui l’indie da dancefloor sta dominando la scena musicale britannica e non.

Per il suo debutto solista Kane ‘mette su’ una band tutta nuova composta dal chitarrista Eugenie McGuinness (checkate i suoi lavori da solista), Jay Sharrock, già  nei Sand Band, alla batteria e dai due Cherry Ghost Ben Person e Phil Anderson, tastiere e basso. Inoltre, per non farsi mancare proprio niente, MK si fa affiancare alla produzione da Dan the Automator (Kasabian e Gorillaz) e Dan Carey (Franz Ferdinand e Hot Chip).

“Colour Of The Trap” suona come un perfetto disco pop intrecciato alla psichedelia e al glorioso Norhtern Soul. Il pezzo di apertura, “Come Closer”, è uno sporco R&B caratterizzato dal suono grezzo delle chitarre che subito viene spazzato via dal riff “frivolo” di “Rearrange”. Bisogna aspettare poco per incontrare la prima perla. “In My Fantasy”, ballata ultrasweet, si sente subito che c’è qualcosa di magico, sarà  forse la presenza di mr. Noel Gallagher che presta il suo falsetto nei cori?? A proposito di collaborazioni in “Happenstance”, una semiballata dal ritmo cavalcante e dai suoni sporcati di psichedelia, MK duetta con la bella attrice francese Clèmence Poèsy (banale e scontato ma l’accostantemento a Gainsbourg/Bardot va fatto..) mentre Gruff Rhys dà  il suo tocco al blues di “Kingcrawler”.

Se il riff di “Inhaler” è in tutto e per tutto un tributo di Kane al gruppo psichedelico Bonniwell Music Machine e alla loro “Mother Nature Father Earth, Better Left Invisible” pare rifarsi a “Cold Turkey” del “fab” Lennon. ‘Copiature’ a parte il disco non rimane indigesto, per sino in quello che sembra dalle prime note un jingle pubblicitario, “Quicksand” che dopo i primi 15 secondi si trasforma in un piacevolissimo brano pop. A mettere il fiocco a questo bel lavoro ci pensa “Colour of the Trap”, splendida ballata “introspettiva” che ti fa luccicare un po gli occhi e venir voglia di tornare alla prima traccia e ripremere il tasto play!

“Colour of the Trap” è questo. Un disco che correva il rischio di portarsi appresso quell’odorino poco gradevole di muffa, visti i continui ammiccamenti di Kane al britpop sixties. E invece MK è riuscito a dare una rinfrescata a quei coretti lalala e effetti vintage dando nuova linfa al poprock made UK.