Nuova formazione per i Metronomy, rediviva a tre anni dal precedente “Nights Out”. Il trio inglese perde il bassista Gabriel Stebbing in cambio della batterista e vocalist Anna Prior, già al servizio per Lightspeed Champion, e il bassista Gbenga Adelekan; l’apporto dei nuovi componenti al gruppo c’è e si sente: il cambiamento stilistico è di un certo peso e vede l’indietronica abbondantemente vocoderizzata di “My Heart Rate Rapid” o il trionfo di sintetizzatori di “The End Of You Too” tramutarsi nel raffinato pop di “The Look” o di “Some Written”. Ma procediamo con ordine.
Poco o niente si era saputo dell’album in questione fino a gennaio 2011, quando il singolo apripista “She Wants” fece comparsa sul sito della band: un dark-pop di matrice 80s, bassi intensi e atmosfera oscura, forse non la scelta migliore per attirare l’attenzione del pubblico dopo un disco come “Nights Out” ma senz’altro un buon auspicio per l’album a venire; molto più svendibile invece è il secondo singolo estratto, “The Look”, che vede il ritorno di un organetto synth retrò e del falsetto a cui ci ha abituati il gruppo; un pezzo in cui si respira aria di casa, sensazione che non sempre trova riscontro all’ascolto di “The English Rivera”.
La band di Joseph Mount riesce nell’impresa di raffinare la tecnica compositiva senza rinunciare ai divertissement dei dischi precedenti; l’evoluzione, a dispetto di quanto si potesse temere, non si conclude in snobismi gratuiti e rinnegamenti delle ragazzate sintetiche di un tempo. A testimonianza di ciò, il buonissimo crescendo synth di “The Bay” e la conclusiva “Love Underlined”, tracce che più di ogni altra si riallacciano alla tradizione del gruppo, strettamente imparentate con la ondeggiante “Everything Goes My Way”, prima e unica traccia a vedere la Prior come voce principale, o la deliziosa “Corinne” e il suo ritornello killer.
Differentemente, atmosfere più languide accompagnano i bassi di “Loving Arm” o la rilassata “Trouble”, condita da nuovi giochi al vocoder nel bridge.
In definitiva un’ottima prova, la dimostrazione di come si possa sviluppare il proprio suono senza perdere lo smalto degli albori.