La formazione bresciana degli Annie Hall torna a due anni di distanza dall’ottimo “Carousel” con un nuovo lavoro, “Annies”, pronto a bissare il successo di critica del predecessore. In un oceano di band analoghe, dove il revival del pop britannico in salsa lo-fi moderna à -la-Wilco è talmente di moda da aver fagocitato nell’ultimo biennio anche l’indie ballerino più propriamente derivato dai Joy Division, riescono a distinguersi, complice anche la produzione di Ferrario (della cui rosa di artisti prodotti il più vicino per sonorità è, per quanto dissimile per il genere proposto, Morgan), prima di tutto per una varietà incredibile nel sound dei brani, e in seconda battuta per un songwriting molto più maturo rispetto alle uscite precedenti, che ci toglie anche il necessario beneficio del dubbio.
In tutta onestà , non si poteva aspettarsi di più dai lombardi: questo genere ha dei limiti, che risiedono nel confine tra imitazione e personalizzazione, borderline che gli Annie Hall riescono ad abbattere per proporre una soluzione altamente caratteristica che sfida i campioni in carica nel settore (gli Eels) sul piano dell’internazionalità del prodotto. Sarà dura per loro e la nostra pessima pronuncia inglese sfondare all’estero, ma per il resto le carte in regola le hanno sempre avute. Si sentano papabili tormentoni di perfetto pop come “Suitcase” e il suo incedere palesemente blueseggianteì oppure la beatlesiana “Place to Hide” che ci ricorda da vicino il nuovo progetto Gallagher dei Beady Eye, ma solo perchè li abbiamo ascoltati da poco. Vai più indietro e sarebbe la giusta fusione tra i Velvet Underground (vedi “Airstrip Zero”, dove la voce ricorda ancora molto Liam anche per la timbrica), influenza primigenia per l’intero “Annies”, e, ovviamente, i Beatles del loro periodo più tardo.
Quando si cede alla psichedelia, ma sempre in salsa indie pop scarnificato e semplificato al massimo, in virtù di una logica di impatto facile basato su impianti privi di fronzoli ed arricchimenti non indispensabili, ci troviamo di fronte a brani molto interessanti ed originali come la leggera e leggiadra “Shooting Star”, uno di quei momenti in cui è più facile contraddistinguere l’essenza British ma non solamente brit-pop della band: perchè, volete dirmi che le influenze pinkfloydiane non le sentite?
Il bilancio non può che essere positivo: se l’originalità cede in alcuni punti, non si può certo parlare di plagi o imitazioni, allorchè risulta evidente quanto il progetto, per quanto inflazionato dall’hype creato dal disco precedente, si fonda sulle solide basi di una maturità artistica raggiunta abbastanza presto. Le abilità dei singoli strumentisti non sono in discussione, e sono evidenti in ogni secondo dei dieci pezzi proposti: se si scegliesse un musicista secondo il metro dell’incisività dovremo votare il cantante, per la voce penetrante, precisa e, per usare un aggettivo modaiolo, “stilosa” che riesce a suscitare interesse anche nei brani meno forti come la troppo country (ma pur sempre godibile) “Merry-Go-Round”; se invece ci affidiamo alla tecnica, risulta difficile decidere ma alla fine ci dovremo abbandonare alla semplicità trascinante delle rade chitarre.
Cosa manca ancora agli Annie Hall per produrre un vero gioiello di indie-pop come il mercato richiede in questo periodo? Pochissimo, una strada ancora più personale che comunque hanno già imboccato ma della quale non hanno trovato ancora la fine. In Italia questo pop lo fanno bene quasi solo gli …A Toys Orchestra e all’estero è altalenante tra l’eccessiva produttività degli Wilco e la delirante semplicità degli Snow Patrol, che in qualche brano si sentono pure qui. Cosa aspettiamo allora a prenderci il trono con gli Annie Hall?
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2. Suitcase
3. Beautiful Mind
4. Meaningless
5. Place to Hide
6. Homestead
7. Shooting Star
8. Airstrip Zero
9. Merry-Go-Round
10. Grand Avenue
Ascolta 3 tracce da “Annies”