Dopo tre anni di silenzio i Sons and Daughters si ripresentano al loro pubblico con “Mirror Mirror” e hanno le idee ben chiare.
Mi piace l’atmosfera di questo album, è la cosa più equilibrata che abbiamo mai fatto ha detto a proposito il frontman Scott Paterson (seconda voce dal 2003 con Adele, ndr). Ci sono grandi momenti rock ma è anche riflessivo e onirico. Suona stravagante ma in modo naturale.
Parole che ci sentiamo di sottoscrivere appieno: un album che suona compatto dall’inizio alla fine, qualche elemento in più di elettronica rispetto al passato, un suono leggermente più cupo (il mixaggio è stato delegato a Gareth Jones, già con Depeche Mode e These New Puritans), molte tracce di ottimo livello, pochissimi cali di tensione.
Il marchio di fabbrica della doppia voce sempre presente e sempre incisivo ci guida da atmosfere care ai The Kills fino a qualcosa della Diamanda Galas più pop passando per suoni più vicini agli anni ottanta(merito di una produzione molto attenta e puntuale) che ci permettono persino di scomodare i The Alarm.
La minimalità come filo conduttore che nella rarefazione delle atmosfere ricorda da vicino gli XX, ma alla soavità e oniricità dell’album di debutto della band inglese, i Sons and Daughters rispondono con un’attitudine più dark e più ricca di chiaroscuri.
Se i lavori precedenti della band scozzese ci avevano lasciato un po’ l’amaro in bocca e un senso di incompiutezza, alternando tracce irresistibili ad alcune assolutamente prescindibili, questo “Mirror Mirror” sancisce una indiscutibile maturazione.
Se ancora avete dei dubbi ascoltate “The Model” o “Ink Free”: il rock-blues dei Sons and Daughters è più ispirato che mai.
2. The Model
3. Breaking Fun
4. Orion
5. Don’t Look Now
6. Ink Free
7. Rose Red
8. Axed Actor
9. Bee Song
10. The Beach